"Con Dylan e McCartney porto la mia voce ancora più in alto"

Il disco "Higher" tra brani inediti e ultraclassici. "La malattia di mio figlio mi ha reso migliore"

"Con Dylan e McCartney porto la mia voce ancora più in alto"

«È un disco diverso perché io stesso sono diverso». E difatti Michael Bublé non è più il ragazzo fresco di successo che aveva conquistato tutti a bordo di pop e swing e grandi classici ricantati per un pubblico che non li conosceva. Oggi Michael Bublé, canadese di 47 anni, ha lo stesso bel faccino ma un'attitudine diversa. Si emoziona, si commuove e conferma un candore che oggi scordatevelo in una popstar da 4 Grammy Awards e milionate di copie e di streaming. Non a caso il suo nuovo disco si intitola Higher, ossia «più in alto», e si riassume bene nella definizione che ne ha fatto uno dei produttori, ossia il monumentale Bob Rock: «Ricorda uno chef che ama preparare un piatto per un pubblico che ama». Il piatto si compone di brani inediti come I'll never not love you ma soprattutto, e ci mancherebbe, rivisitazioni di super classici che stavolta calibra con una voce più matura, più graffiata, più macchiata dal dolore.

Sarà per quel maledetto cancro del suo primogenito Noah?

«Tutti abbiamo momenti difficili che possono distruggerci o plasmarci ma comunque ci definiscono come persone. Io ho voluto che mi definissero, anche per mostrare ai miei figli a essere grati per ciò che si ha. In poche parole voglio trasmettere gioia per la vita».

Non è stato facile provare gioia attraversando un dolore così grande.

«Quando è uscito il mio ormai penultimo disco Love del 2018 non ero pronto, stavo ancora sopravvivendo. Mia moglie mi ha aiutato a scuotermi (si commuove - ndr). Queste non sono lacrime di tristezza, ma di gioia, per tutto l'amore che ho per la mia famiglia e che ricevo da loro».

Sta per diventare padre per la quarta volta.

«Ebbene sì».

In questo disco incontra altri eroi del suo musichiere. Ad esempio Willie Nelson, un padre della canzone americana.

«Lui fa parte di quelli che per me sono i veri grandi della musica con Frank Sinatra, Sam Cooke, Ray Charles, Dean Martin. Conosco lui e sua moglie e sono anche amico del figlio. Vorrei cantare le sue canzoni per il resto della mia vita ed è quindi stato un onore cantare Crazy proprio con lui».

Canta Make you feel my love di Bob Dylan ma pure My Valentine di Paul McCartney, che produce il brano. Mica poco.

«Lui è sempre stato molto generoso con me. Quando stavo iniziando a lavorare all'album, mi ha proposto di reincidere la sua My Valentine. Io gli ho subito mandato una demo».

Risposta?

«Quando mi ha richiamato ha accettato di fare anche da produttore della canzone. È un leader straordinario e un gentiluomo con una grande umiltà».

Però qualcuno dice che il vero genio dei Beatles fosse John Lennon.

«Vent'anni fa ho visto una intervista nella quale gli facevano la stessa obiezione. Lui ha risposto semplicemente che anche io ho fatto il mio. Quando sei un vero grande come lui non c'è bisogno di dirlo».

A proposito, non ha voglia di pubblicare un disco composto interamente da brani suoi?

«Amo scrivere canzoni ma non abbandonerei mai il mio pubblico che mi dà fiducia nel reinterpretare l'arte dei miei eroi. Io sono e voglio restare un interprete della grande tradizione musicale anglosassone. Anzi, spero di diventare anch'io uno dei miei eroi un giorno».

Tra l'altro non è facile cantarli dal vivo. Tra poco riparte in tour.

«Il mio produttore mi dice che mi cercano dappertutto, pure nelle Filippine o in Sud Africa. Farò sei concerti a Las Vegas e poi verrò anche in Italia».

Il ritorno dopo la pandemia.

«Ora possiamo dire che questa cosa ci ha insegnato a essere più riconoscenti».

Però ha lasciato quantomeno molto nervosismo. Ad esempio, lo schiaffo di Will Smith a Chris Rock durante la serata degli Oscar.

«Di certo è stato terribile. La gente è rimasta stupefatta e si è divisa a metà. Per il 50 per cento, Will Smith ha fatto bene. Per l'altro 50 invece no».

E per Michael Bublé?

«Forse Chris Rock non avrebbe dovuto dire quella battuta ma lui sicuramente non avrebbe dovuto colpirlo».

Quindi ha torto Will Smith.

«Però prima però di riversare odio su di lui, dovremmo capire che probabilmente non è un uomo in pace con il suo

cuore anche se sta provando ad esserlo. Sono certo al cento per cento che potesse tornare indietro non rifarebbe quel gesto. Il vero valore non sta nell'agire in base alle proprie emozioni, ma affrontarne le conseguenze».

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