Un po' come in Titane, il film shock di Julia Ducournau che ha vinto la Palma d'Oro a un altro festival importante, quello di Cannes, anche in Mona Lisa and the Blood Moon di Ana Lily Amirpour, presentato ieri in concorso a Venezia, c'è una ragazza dotata di insoliti poteri che gira per una città, soprattutto di notte, ritrovandosi a vivere una serie di strani incontri. Il paragone è solo per sottolineare come ci sia una certa assonanza di sguardi al femminile in opere dirette da donne ma il film di Ana Lily Amirpour, regista di origini iraniane, nata in Inghilterra e laureata negli Stati Uniti, è molto più virato sul fantasy che sull'horror dell'altro film.
Ambientato a New Orleans, il film inizia con la protagonista Mona Lisa, interpretata dalla giovane Jun Jong Seo, fuggire da un manicomio dove ha trascorso tutta la sua vita. Nel girovagare notturno incontrerà il personaggio della spogliarellista Bonny, una superlativa Kate Hudson, che sfrutterà i poteri della ragazzina capace di controllare la mente delle persone, ad esempio svaligiandole, con il loro consenso, ai bancomat. Tra le due, e il figlio di lei, nascerà un'amicizia non solo d'interesse: «Bonny fa parte del mio animo, ho molto di lei, è una guerriera, una persona sopravvissuta alla vita che ha un fuoco dentro. Per me è stato liberatorio interpretarla e poi sono stata felice di essere diretta da una delle mie registe preferite» dice Kate Hudson che ha da poco terminato le riprese di due film, Shriver e il sequel di Knives Out. Un incontro, quello tra la quarantaduenne attrice statunitense e la regista, fortemente voluto perché, ricorda Ana Lily Amirpour, «sono una sua fan da sempre, ho visto tutti i film in cui c'è lei, una volta scritta la sceneggiatura volevo che lei fosse Bonny perché sapevo che avrebbe apportato qualcosa di più al personaggio». L'unico problema è che quando l'ha conosciuta Kate Hudson era incinta: «Allora le ho detto: una volta che il bambino è uscito da lì vuoi venire a fare questo film? E ora eccoci qua».
Mona Lisa and the Blood Moon, che uscirà in Italia prossimamente con Lucky Red, ha l'estetica pop calda, avvolgente e molto cool, tipica della regista che aveva esordito al Sundance Film Festival nel 2014 con l'originale film in bianco A girl walks home alone at night, definito «il primo spaghetti western vampirico sullo skateboard», poi nel 2016, qui al Lido, ha ottenuto il Premio Speciale della Giuria con il post-apocalittico The Bad Batch: «Per me - spiega - il cinema è fantasy, anche quello più naturalistico in realtà è una fabbricazione. Credo che questo film abbia qualcosa dell'amore che avevo da piccola per il mondo del fantasy, penso a La storia infinita, a Ritorno al futuro, a Terminator 2. C'è l'idea di un adolescente che vuole ottenere il controllo del suo destino, dare forma al proprio futuro».
Tra gli altri elementi distintivi del cinema di Ana Lily Amirpour c'è la musica. A partire dal nome della protagonista, tante sono le canzoni che si possono ascoltare durante il film. Tra queste c'è anche una versione di Odio l'estate di Bruno Martino che - dice la regista - «è una canzone meravigliosa con un cantante fantastico.
Me l'ha fatta sentire per caso un'amica quattro anni fa e ho subito pensato di inserirla in un mio film. Racconta di un cuore spezzato che mi sembrava potesse benissimo descrivere la mia Benny, una persona spezzata dalla vita».
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