La favola di Whitney: una voce meravigliosa distrutta dalla vita

Il documentario di MacDonald sulla star mette sotto accusa i suoi avidi familiari

La favola di Whitney: una voce meravigliosa distrutta dalla vita

da Cannes

La sua voce era un dono del Signore, le aveva detto la madre, e per una che aveva cominciato a cantare nel coro della Chiesa voleva dire tante cose: una benedizione e una vocazione, un talento e una missione... Era bella sin da bambina Whitney Houston, la luminosità del sorriso e il colore ambrato della pelle, un corpo sottile e lo sguardo dolce di chi ha fiducia negli altri. Cresciuta a Newark, all'inizio degli anni Sessanta, nel bel mezzo dei disordini razziali che funestarono allora gli Stati Uniti, nel tempo sarebbe diventata una delle cantanti più famose e più grandi d'America: 200 milioni di dischi venduti, il record dei primati in classifica, I Will Always Love You, il singolo di maggior successo nella storia della canzone. Sarebbe stata però anche una delle artiste più infelici dello star system, una vita rovinata dalla droga e dall'alcool, una morte a 48 anni, suicidio per annegamento, nella solitudine di un albergo.

Ritratto di un'ascesa favolosa e di un tramonto tragico, Whitney, di Kevin MacDonald, documentario fuori concorso, è costruito come una narrazione dove familiari, collaboratori e amici cominciano con il tracciarne un ritratto edificante: difenderne l'immagine significa anche e soprattutto difendere se stessi...Via via però che le domande delle interviste si fanno più serrate e le contraddizioni nelle risposte più numerose, le maglie difensive si allentano e quella che viene fuori è la storia di una donna che anno dopo anno venne in pratica spremuta dal suo entourage, una gigantesca macchina per fare soldi a cui tutti attingevano senza preoccuparsi se prima o poi sarebbe andata in pezzi. I fratelli, il marito, gli stessi genitori furono sotto questo profilo i più avidi e insieme i più pericolosi, perché contro di loro, contro la famiglia, Whitney era indifesa, succube per amore e per paura di perderlo.

C'è anche nella sua vita, un abuso sessuale subita da bambina, ma singolarmente a opera di una donna, Dee Dee Warwick, la sorella di Dionne Warwick: fra le due famiglie c'era un rapporto di parentela e nei viaggi di lavoro che, come corista, la madre di Whitney faceva, spesso la bambina veniva loro lasciata in custodia. Deriverà anche da questo la difficoltà nelle sue relazioni sentimentali con l'altro sesso, il desiderio di un matrimonio, finito del resto con un divorzio, che la rassicurasse sulla sua «normalità» sessuale.

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nel 1972, Kevin MacDonald glorifica però nel film la voce favolosa, letteralmente da brividi nella pelle di chi la ascolta, di questa cantante del pop più zuccherino che aveva nelle sue vene lo spirito e l'arte del blues.

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