Hugh Jackman veste per la sesta volta i panni di Wolverine, uno dei personaggi più iconici della Marvel, e mantiene in piedi con la sua potente presenza scenica un film altrimenti non memorabile anche se assai migliore e con più alto tasso di emozioni del precedente "X-Men le origini: Wolverine".
Stavolta il supereroe dagli artigli di adamantio che grazie al suo fattore rigenerante può vivere per sempre, si trova in una situazione di vulnerabilità fisica oltre che emotiva senza precedenti per lui.
Logan (Hugh Jackman) vive oramai come un eremita tra i boschi canadesi; è un uomo distrutto dalle perdite subite in passato, tra tutte quella dell’amata Jean Grey che egli stesso si è visto costretto a uccidere. Tormentato da incubi ricorrenti, ha perso ogni interesse per la vita e la sua immortalità gli appare sempre più simile a una maledizione. Nonostante si sia tagliato fuori dal mondo, la guerriera giapponese Yukio (Rila Fukushima) riesce a scovarlo e a condurlo a Tokyo perché possa porgere l’estremo saluto al maestro Yashida (Hal Yamanouchi), un uomo al quale Wolverine aveva salvato la vita durante la seconda guerra mondiale in occasione del bombardamento di Nagasaki e che ora, in punto di morte, vuole proporgli uno scambio assai particolare. Catapultato nelle guerre intestine di una famiglia tra le più potenti del Giappone, Wolverine troverà nella missione di proteggere la giovane Mitako (Tao Okamoto), nipote di Yashida, lo scopo e la causa per cui combattere che gli mancavano da tempo.
Il film è un viaggio nella guarigione interiore del protagonista; siamo di fronte a un Wolverine più profondo e serio del solito, proprio perché alle prese con meditazioni sul significato della vita e della morte. Un insolito, appassionante e lento struggimento ruba la scena alla sterile azione dal ritmo indiavolato tipica delle ultime pellicole con protagonista un supereroe.
L’ambientazione nel Giappone moderno, tradizionale e tecnologico assieme, porta freschezza esotica alla vicenda e l’estetica nipponica permea le coreografie dei combattimenti regalando eleganza a quel che altrove sarebbe stato il solito scontro fracassone; tra mutanti, ninja e samurai, il 90% dell’azione è opera diretta degli attori; peccato solo che la lunga scena di lotta sopra il treno proiettile sia invece così poco plausibile.
Affascinanti le attrici; di una naturalezza sofisticata e disarmante l’interprete dell’ereditiera Mitako, nuovo amore di Wolverine; altrettanto particolare, se non unica, l’esordiente Fukushima nel ruolo di Yukio: sembra uscita direttamente da un manga. Molto meno riuscito il personaggio di Viper, la mutante che una seducente Svetlana Khodchenkova rende quasi la caricatura della Poison Ivy di Uma Thurman del lontano “Batman & Robin” del 1997.
Tra tormenti alla Nolan e action un po' vecchio stile, il film scorre piacevolmente e Hugh Juckman, al solito, si fa ricordare.
Dopo i titoli di coda, a congedare il pubblico di fan, una scena che anticipa “X-Men: Giorni di un futuro passato”, la cui uscita nelle sale è prevista tra meno di un anno.
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