Ma lui mica si ferma. «Posso andare avanti così finché muoio». A 78 anni (appena compiuti) Gino Paoli è il padre nobile della canzone d’autore, l’unico capace di tenerla per mezzo secolo in perfetto equilibrio sul jazz. Da un po’,per la verità, si è stancato ed è jazz fino in fondo, al punto che ora pubblica Due come noi che... , disco registrato di fianco al favoloso pianoforte di Danilo Rea (e presentato ieri sera all’Auditorium di Roma). Sedici brani, tutti classici, qualcuno immortale ( Il cielo in una stanza , Vivere ancora dal film Prima della rivoluzione di Bernardo Bertolucci, 1963) e insomma tutti memorabili perché irripetibili: «Ogni volta noi siamo diversi, la musica è appesa al filo sottile dell’anima, perciò sempre cangiante ».
Ma i brani, caro Gino Paoli, sono sempre quelli.
«Sono solo impalcature sulle quali si può oscillare. Ad esempio, l’altro giorno cantando a Londra mi è persino venuto da piangere tanto ero emozionato. La cosa bella per un artista è che, persino quando finge, è più vero che mai. A me capita così. Anche a Gianmaria Volonté, che una volta me lo confessò. E chissà a quanti altri».
Forse per questo adesso si fa accompagnare solo da un pianoforte.
«Sono trent’anni che mia moglie mi dice di emozionarsi solo quando mi sente cantare al piano. Con questo disco, che è il mio primo solo con un pianoforte, l’ho accontentata ».
Se andrà al Festival di Sanremo, avrà anche un’orchestra.
«Ennò. Se vado all’Ariston – e ci vado soltanto se riesco a scrivere due belle canzoni –ci andrò con Danilo. E ci esibiremo insieme. Non sono un professionista della canzone: se a dicembre non sarò soddisfatto delle mie composizioni, dirò di no».
Con tanta carriera alle spalle è facile essere intransigenti.
«No, lo sono sempre stato. Finché campo, mi ricorderò quello che mi disse Lester Young, il più grande sassofonista di sempre: “Che cos’è il jazz?E’ come fare la pipì. Un’esigenza irrinunciabile”. Sottintendendo: se non ne hai voglia, non viene nulla. Oggi la canzone non esiste più. Ormai c’è solo la canzone televisiva. Non si compongono più canzoni, ma prodotti, immagini ».
Capitasse di nuovo al Festival (dopo il terzo posto del 2002), dovrebbe anche cantare un brano della nostra vecchia musica popolare.
«Allora sceglierei quello che tutti conoscono come Solo me ne vo per
la città , ma che in realtà si intitola In cerca di te e fu cantato anche da natalino Otto.
Mi sembra perfetto per il momento che stiamo attraversando ».
Difficilissimo.
«E non breve. La filosofia basata sul consumismo è ormai scoppiata. E ora bisogna inventarcene un’altra. Ci vorrà tempo. Ma forse la gente sta imparando a scegliere da sola».
Dicono che il suo amico Beppe Grillo farebbe il pienone alle elezioni.
«Viviamo a cento metri di distanza, le nostre mogli vanno in palestra insieme e so che lui si allena in piscina quasi volesse attraversare lo Stretto di Messina a nuoto. Ma di politica non parlo. Ho già dato da onorevole e mi basta, per carità (deputato dal 1987 al 1992). Mi piace la sfida non la battaglia con altri uomini ».
Ha cantato anche con sua figlia Amanda. «La bella e la bestia », 1991.
«Sono sempre le cose che cercano me e quella volta è capitato così ».
Ma inciderebbe un disco intero con lei?
«Sì, senza dubbio: canta meglio di tante altre. Come sua mamma Stefania, che ha una bellissima voce. Ho conosciuto Stefania quando aveva 16 anni ed era come oggi:trasparente come l’acqua. Lei non recita, è proprio così. Meravigliosa».
E scusi, signori Paoli, lei è cambiato?
«Faccio oggi quello che più o
E questo disco lo dimostra proprio come ciascun nostro concerto: lo facciamoperchédopocenechiedano un altro. Se ti vogliono è bello».
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