L'antisemitismo torna nella sua patria: l'Europa

L'antisemitismo torna nella sua patria: l'Europa

L a mancanza di memoria è una malattia: nei casi migliori riguarda alcuni particolari dell'evento che si cerca di ripensare, nei casi peggiori è uno svisamento totale, come quello dell'Alzheimer. Possiamo dire per esempio che la negazione della Shoah è un caso di Alzheimer culturale e morale, ed è peggiore della terribile malattia perché è volontaria. Chi la pratica molto spesso sa bene di mentire, ma lo fa in nome di una profonda avversione agli ebrei: è la sua propensione antisemita che, per paura che gli ebrei possano avvantaggiarsi (pensiero idiota) della memoria di ciò che è accaduto, preferiscono negare l'evidenza storica. D'altra parte, quando l'UNESCO nega che Gerusalemme sia legata al popolo ebraico, pratica l'Alzheimer antisemita. Non c'è scandalo in questa comparazione. Il nesso fra l'oblio della Shoah o del rapporto fra la Terra di Israele e il suo Popolo sono due forme di negazionismo finalizzate a obliterare il popolo ebraico. Quindi è molto importante e positivo che domani il Giorno della Memoria sarà celebrato in Italia con tanto impegno, con l'appassionata partecipazione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, con l'apporto dei ragazzi delle scuole, con l'orgogliosa rivendicazione di tutto quello che si fa quanto a programmi di educazione, viaggi ad Auschwitz, discorsi pubblici, e soprattutto, cosa che forse resta la migliore e la più importante, incontri con i sopravvissuti che ancora ci beneficano con i ricordi e la forza della loro presenza vicino a noi.

La memoria in sé è meravigliosa, e quella della Shoah in particolare, perché contiene un carico sovrastante di insegnamenti universali sul limite estremo cui possono arrivare la malvagità umana e, per converso, l'amore della vita e dell'eroismo degli uomini e persino dei bambini di osteggiare la belluinità umana con la sopravvivenza. Penso ai miei meravigliosi parenti divorati dal fuoco di Sobibor e di Auschwitz, i polacchi e gli italiani, ai piccoli fratelli del mio babbo che ha scampato per un soffio la deportazione e l'eccidio, e il mio cuore oltre che di pena si riempie di insopportabile dolore. Ma la memoria della Shoah è anche politica, ovvero dovrebbe servire a evitare che accada di nuovo. Never again: dovrebbe, cioè, battere l'antisemitismo. Invece non funziona. La sua paradossale crescita è sotto gli occhi di tutti, e ciò che fa più specie è la dimensione ciclopica che ha preso in Europa, la madre dell'antisemitismo genocida, proprio dove lo sforzo della Memoria e delle sue varie «giornate» si è prodigato. Non indugerò sui dati: gli episodi di violenza, di disprezzo, di omicidio o di solidarietà con l'omicidio variano dai giubbotti gialli, a Corbyn, alle aggressione musulmane e neonaziste. I serial killer jihadisti in Francia hanno già ammazzato bambini ebrei e donne sopravvissute alla Shoah, giovani parigini e passanti con la kippà. Moltissimi, ebrei e non ebrei, si peritano dal frequentare occasioni palesemente ebraiche per paura di attacchi. L'emigrazione dall'Europa verso Israele ha raggiunto picchi inusitati dalla seconda guerra mondiale. La battuta antisemita è ormai pane quotidiano in ogni ambiente, è diventato legittimo negli ambienti borghesi pensare che gli ebrei siano, al minimo, una noia e al massimo un inutile ingombro nel già difficile rapporto con gli islamici immigrati. Due inchieste molto larghe segnano l'indagine sul fenomeno nella sua accezione più larga: quella della CNN fra gli Europei, e una dell'UE fra i suoi ebrei.

Un terzo degli europei sanno poco della Shoah o addirittura ne ignora completamente l'esistenza(uno su cinque fra i 18 e i 34 anni). Vecchi pregiudizi sugli ebrei sono molto comuni: un europeo su quattro pensa che abbiano troppo peso negli affari, uno su cinque troppo nella politica. Un terzo dice che le commemorazioni della Shoah servono agli ebrei che se ne approfittano; il 54 per cento dice che Israele ha diritto di esistere, ergo il 46 non lo pensa affatto. In questo capitolo si intravede il nuovo trend confermato dalla seconda indagine: un terzo degli europei immagina che gli amici di Israele (gli ebrei, si specifica) usino l'accusa di antisemitismo per mettere a tacere le critiche, e sempre un terzo che commemorare la Shoah distragga da altre atrocità commesse oggi. Israele è il fantasma che sempre aleggia su queste opinioni, quando non si trasforma in direttamente responsabile. Un quarto degli intervistati pensa che l'antisemitismo sia frutto delle azioni di Israele. Se si va all'altra indagine, si vede che l'accusa da cui, in assoluto, gli ebrei europei si sentono più assediati (85 per cento) è la comparazione fra ciò che i nazisti hanno fatto agli ebrei e ciò che gli israeliani fanno ai palestinesi. Accanto a questa l'accusa agli ebrei di sfruttare la memoria della Shoah a loro vantaggio, e quindi a vantaggio di Israele. Il 90 per cento degli ebrei europei hanno subito una qualche violenza (messaggi di minaccia e di offesa, e ne sa qualcosa chi scrive, telefonate, commenti, gesti, oltre a veri e propri assalti fisici come quelli contro chi indossa kippà o stelle di David) e di questi il 30 per cento identifica in islamici estremisti i perpetratori, il 21 qualcuno con una visione di sinistra, il 13 di destra. La dislocazione geografica dell'antisemitismo diffuso dà da pensare a chi in questo giorno della memoria insiste nell'identificare il nuovo pericolo razzista nei nuovi poteri «sovranisti» e i loro derivati «populisti» che sfocerebbero nel razzismo. Gli ebrei che hanno sentito più forte la morsa di questo ritorno sono per il 70 per cento in Francia, Belgio, Germania e nei Paesi Bassi, cioè in Paesi occidentali in cui la democrazia tradizionale è salda; la maggiore preoccupazione per la presenza di antisemitismo nella vita politica la si sente in Inghilterra (84 per cento); con la Germania e la Svizzera, sempre la Gran Bretagna è la nazione da cui si prende più in considerazione l'emigrazione, ovvero la fuga. Chi si figura che l'antisemitismo fiorisca, dunque, soprattutto dove ha messo radici una destra sovranista si sbaglia, occorre puntare l'attenzione verso le zone di odio contro Israele, da là fuoriesce la maggior scaturigine di antisemitismo: in Polonia, in Ungheria sono meno della metà gli ebrei preoccupati, in Italia sono il 30 per cento quelli che hanno patito insulti (sempre moltissimi!) mentre il 58 per cento degli ebrei Francesi e la metà dei tedeschi hanno paura di essere attaccati... e così via. In Ungheria, famigerata a causa di Orban, il numero degli ebrei preoccupati è precipitato in basso; leggendo anche il resto dei dati si capisce che l'antisemitismo non si combatte soltanto con la pratica della memoria, non soltanto promuovendo corsi scolastici e pellegrinaggi (sempre benvenuti, si capisce, da chi scrive) ma soprattutto promuovendo lo smantellamento della costruzione di bugie che circonda nell'Unione europea lo Stato di Israele.

L'UE ha da poco approvato (a dicembre) in una conferenza ospitata con gran buona volontà dal cancelliere austriaco Sebastian Kurz (anche lui uno dei sospettati di destra) un documento molto positivo sulla lotta all'antisemitismo in Europa, che chiama anche tutti i Paesi Europei che non l'avessero fatto ad «adottare la working definition di antisemitismo nel campo dell'applicazione delle leggi, educazione e training», e chiede alla Commissione Europea e all'Europol di combattere l'antisemtismo on line. È una buona cosa, anche se la raccomandazione è rimasta per ora tale presso molti dei 27 stati più uno. Ma, di nuovo, il punto è che per occuparsi in termini contemporanei della memoria della Shoah e per agire contro il suo motore ideologico, l'antisemitismo, gli strumenti tradizionali non funzionano! Non funziona dire «mai più» quando si promuove in tutta Europa col BDS e i continui provvedimenti come il «labeling» dei prodotti dei territori il boicottaggio dello Stato Ebraico, si demonizza la sua autodifesa indispensabile contro un terrorismo quotidiano e crudele, si seguita a consentire che nelle scuole si immagini la storia d'Israele come una storia coloniale in cui i poveri palestinesi vengono occupati e sfruttati e i cattivi ebrei arrivano addirittura a praticare l'apartheid o peggio, il genocidio... non può funzionare quando la cultura onusiana consente che Gerusalemme passi per città araba eventualmente occupata dagli ebrei, quando si seguita a fornire all'autonomia palestinese, ingrassando le ONG, il denaro che essa poi utilizza per il 7 per cento del suo intero budget in stipendi ai terroristi in cella o alle loro famiglie se sono morti. Non va bene se si finge di credere che i palestinesi siano vittime degli ebrei come, e torniamo al punto, gli ebrei sono state vittime dei nazisti. Israele ha cercato tre volte di porgere ai palestinesi la famosa soluzione «due stati per due popoli», resta in continua attesa di riaprire i colloqui che Abu mazen rifiuta, non sa con chi parlare fra Fatah e Hamas, e il rifiuto sempre ricevuto significa una cosa sola: gli ebrei non hanno diritto alla loro terra, non hanno diritto come ogni altro popolo all'autodeterminazione perché sono ebrei. Quando Corbyn chiede in nome della liberta di opinione la libertà di lodare Hamas e di chiamare gli Hezbollah fratelli, non fa che dichiararsi fratello dei terroristi e delle loro teorie antisemite. Abbraccia l'ignoranza su Israele per il suo uso politico: è qui, su questa ignoranza su Israele che il Giorno della Memoria, mentre pure ricorda i nostri sei milioni assassinati, deve virare. Insieme a raccontare Auschwitz, deve ristabilire a scuola e alla tv la verità su Israele. All'inizio abbiamo parlato di come la perdita totale di memoria sia un malattia, nei casi più gravi si tratta di Alzheimer.

Ebbene, in Israele si sta già sperimentando una cura per questa malattia come per tante altre ritenute incurabili. Non è una parabola, è la verità. Prendetela come un segnale di speranza di superamento dell'idra infernale dell'antisemitismo.

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