L'età dell'innocenza è il film che andrà in onda questa sera alle 21.30 su La7. Si tratta del famoso film diretto da Martin Scorsese e tratto dall'omonimo romanzo di Edith Wharton che si accaparrò il Premio Pulitzer nel 1921.
L'età dell'innocenza, la trama
Newland Archer (Daniel Day-Lewis) è un avvocato prestigioso nella New York di fine Ottocento. La sua vita è irreprensibile: merito dell'alta morale dell'uomo, che vive seguendo rigidamente le regole della società e che tiene molto alla sua reputazione. L'uomo è in procinto di sposarsi con la bella May Welland (Winona Ryder), una ragazza facente parte dell'aristocrazia. La vita di Archer sembra dunque procedere su binari consolidati e sicuri, che dovrebbero condurre l'uomo incontro alla felicità. Ma tutto viene stravolto quando in città arriva la cugina di May, Ellen Olenska (Michelle Pfeiffer), una contessa che si è lasciata alle spalle un matrimonio pessimo con un nobile polacco e che, ora, si trascina addosso una pessima reputazione. Solo l'intervento di Archer l'ha infatti salvata dall'essere espulsa dai salotti nobiliari; ma Ellen vive la vita senza curarsi troppo dello scandalo o dei pettegolezzi. Per lei le convenzioni sociali sono gabbie dentro cui non vuole più rimanere imprigionata. Una libertà di pensiero che farà presa su Archer, che comincerà a provare sentimenti proibiti per la cugina della sua futura sposa. E a questo punto per l'uomo si apre un dibattito tutto interiore: seguire il suo cuore e perdere la sua reputazione, oppure seguire la propria morale e rischiare di essere infelice per il resto della sua vita?
Il film più violento di Martin Scorsese
Nell'immaginario collettivo Martin Scorsese è un regista che è stato facilmente assimilato a storie gangster, legate al mondo della criminalità, della mafia e della violenza. Basta scorrere la sua filmografia per rendersi conto di quanto questi temi siano centrali nell'opera del regista italo-americano. Pellicole come Quei bravi ragazzi, Gangs of New York o Taxi driver hanno fatto della violenza il proprio marchio distintivo. Tuttavia, secondo quanto riporta il sito dell'Internet Movie Data Base, Martin Scorsese ha dichiarato che il film più violento di tutta la sua carriera è L'età dell'innocenza, che è forse il suo film più romantico e struggente. La violenza a cui Scorsese si riferisce nell'ambito di questa pellicola è la violenza delle emozioni e del vissuto interiore. Non ha a che vedere con sangue e omicidi, ma con la stessa condizione umana dei personaggi messi in gioco. I protagonisti della storia, infatti, sono persone che vivono oppresse dal peso delle convenzioni sociali, da protocolli che non possono ignorare se non vogliono correre il rischio di dare scandalo ed essere additati come reietti.
Secondo Vulture, L'età dell'innocenza mette in campo un tipo di violenza che, in ambito psicologico, viene chiamato soul murders, omicidi dell'anima. Una forma di violenza che passa attraverso la privazione della libertà di formarsi una propria identità e di provare gioia. Le vittime del soul murder diventano prigionieri delle circostanze e sono perciò incapaci di immaginare una vita o uno status quo diverso da quello già imposto. È dunque una forma di sottomissione, un'accettazione violenta di quelle che sono le regole della società e che, se non vengono rispettate, possono portare alla rovina di una persona e quindi a una morte sociale. Questa forma di violenza è facilmente riscontrabile nella storia de L'età dell'innocenza e, in particolare, nel percorso intrapreso da Archer nel rendersi conto che i suoi sentimenti per Ellen lo portano lontano dai binari che la società aveva già predisposto per lui. In una scena nello specifico, dopo che il protagonista ha in qualche modo compreso il peso delle convenzioni sociali, Archer si trova a guardare il volto di Ellen e quasi spera che lei possa morire, liberandolo.
Il The Guardian - che definisce la pellicola un gangster movie brutale quanto Quei bravi ragazzi - riporta un'intervista a Martin Scorsese, in cui il regista afferma: "Ciò che mi è rimasto in testa è la brutalità che si nasconde sotto le buone maniere. Le persone nascondono quello che pensano sotto la superficie del linguaggio.
Nella subcultura nella quale sono cresciuto, a Little Italy, quando qualcuno veniva ucciso c'era sempre una finalità. Era come un sacrificio, un rituale. Ma nella società newyorkese del 1870 non c'era niente di tutto ciò. Era fatto tutto a sangue freddo in nome delle buone maniere".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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