Che sia nata e viva a Busto Arsizio non depone a suo favore. Provincia grassa, reputata incolta, Busto Arsizio, cioè «bruciata due volte», luogo di lavoro, nessun antico lignaggio
Eppure, Massimiliano Gioni, il più famoso young curator del mondo autore della prossima Biennale veneziana è di Busto. Come pure, la più celebrata gallerista milanese d'arte chic, Francesca Repetto in Kaufmann. Stranezze del profondo Nord (senza mare, Busto vanta due recordman del mondo di apnea Umberto Pellizzari e Gianluca Genoni). Così può anche starci che la quarantenne Lara Martinato dipinga alla maniera di Caravaggio; e che partendo dagli stessi luoghi, Gioni sia fuggito negli Usa inseguendo il concettuale «à la page», mentre Lara, tornata dal Sud Africa, insista con la figurazione, quella meno di moda.
Ognuno d'altronde ha un proprio percorso: Lara, studi in arte e restauro, apprendistato tra Roma, Parigi, Londra, lungo esilio a Cape Town, varie esperienze e stili, adesso è pittrice-pittrice, tracimante di cose da dire, e una carriera da costruire. Dopo un periodo «bianco», ritratti e close-up su fondali minimalisti che già mostravano una mano felicissima, adesso la sua pittura si è rivolta al nero, addirittura al «nigrum» seguendo le suggestioni di un misterioso iper-testo alchemico del Seicento come l'Atalanta fugiens che raduna in sé parola, immagine e musica. Da qui alcuni lavori (fondi neri e fondi oro) di forte impatto emotivo e di raffinato tratto.
Poi l'incontro con la filosofia da cui sono nati una serie di lavori altrettanto significativi. Piccole tavole in legno vecchie di cento anni, sulle quali Lara insiste con l'antica tecnica della velatura ad olio, rappresentando filosofi o scene dell'iconografia della mistica cristiana che trascendono sfigurandosi però in ardite anamorfosi. Un diavolo, letteralmente con la «faccia come il culo» di memoria Quattrocentesca alla Bosch, squaderna il mondo in una palla di vetro che tutto distorce. Un San Sebastiano trafitto risorge da sé stesso.
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