Ora «Gomorra» racconta la guerra tra amore e morte

La (attesissima) nuova serie debutta stasera su Sky Con più indagine psicologica. E niente giudizi etici...

Ora «Gomorra» racconta la guerra tra amore e morte

Dove ci ha portato tutto questo?», chiede la moglie dello spietato Ciro, il fedele soldato del clan diventato boss. Già, perché se potere e ricchezza sono gli unici «beni preziosi» dei camorristi, all'infernale spirale per raggiungerli non c'è più fine. Ed è attorno a questa domanda che si sviluppa l'attesa seconda stagione della serie Gomorra, in onda da stasera sul canale Sky Atlantic hd alle 21,10. Debora risponde che tutto questo porta a morte e paura, anche per chi come lei, donna del capo, si sentiva protetta. Tutti gli altri intorno a lei, invece, accecati dalla lotta per il potere, non si fermano neppure di fronte agli affetti più cari. «Dove ci hai portato a tutti quanti?» chiede il re decaduto di Secondigliano Pietro Savastano al figlio Genny: alla perdita dell'impero criminale. Sconfitta da cui riprende il racconto lasciato nella prima stagione che si evolve nella lotta feroce tra Ciro, che ha conquistato la piazza dello spaccio in una sorta di alleanza paritaria con gli altri criminali e la famiglia Savastano che tenta di riprendersi il «regno».

Esportata in 130 paesi (una delle poche fiction che è riuscita a valicare i confini nazionali), stasera la serie ideata da Roberto Saviano e tratta dal suo libro, debutta in contemporanea in Inghilterra, Irlanda, Germania e Austria. «Questa fiction è stato uno shock - spiega Saviano - quello che l'ha portata ad avere un riscontro internazionale è stata la capacità di raccontare i meccanismi che regolano la Camorra, come si pianifica lo spaccio, come si punisce un tradimento. Non c'è giudizio morale, non c'è identificazione con il cattivo, ma solo il racconto di un mondo preciso che non è tutta Napoli. E lo svelare non comporta, come molti dicono, un'immagine negativa della città, ma la conoscenza come mezzo per combattere quel mondo».

Ancora più avvincente della prima stagione, curata meglio nei dettagli e nelle riprese, la seconda serie diretta da Stefano Sollima con altri tre registi (Claudio Cupellini, Francesca Comencini e Claudio Giovannesi) si sofferma di più sugli aspetti psicologi dei personaggi, in particolare sui rapporti tra padre e figlio e tra moglie e marito, nella lacerante scelta tra amore e morte. «Don Pietro - racconta il suo interprete Fortunato Cerlino - si immerge ancora di più nella sua anima nera. Ha perso il suo mondo, i suoi uomini lo hanno tradito, la moglie Imma è morta, il figlio secondo lui non è all'altezza del compito. E per lui la vendetta è l'unico obiettivo».

Ciro Di Marzio (Marco D'Amore), il suo braccio destro e ora rivale, arriva a un tale punto di abiezione da trovarsi a piangere per quel che ha fatto: «Ciro riesce a scalzare la famiglia Savastano, è talmente accecato dal proposito di raggiungere il suo obiettivo che passa sopra ogni cosa, anche alla moglie. Cerca di creare un sorta di democrazia criminale, dividendo il lavoro tra gli altri clan. Ed è quello che è successo realmente dopo la prima faida di Scampia dove le famiglie si sono messe d'accordo».

Salvatore Esposito, in arte Genny Savastano, è cresciuto in un paese vicino a Scampia, ricorda di aver vissuto in parte sulla sua pelle quello che ora recita sullo schermo: «Da ragazzino mi è successo anche di vedere ammazzare una persona mentre ero al campetto, sono arrivati in moto come nelle scene che vediamo spesso... Il mio ricordo è di me che fuggo, mi volto e vedo il pallone rimasto solo in mezzo al campo».

Ma la novità di questa seconda stagione è anche il ruolo maggiore che acquisiscono le donne, nel bene e soprattutto nel male. Non per nulla una parte della regia è stata realizzata da Francesca Comencini. Donne forti che sanno prendere il posto dei boss come Scianel (Cristina Donadio) che diventa la reggente al posto del fratello. «Il mio personaggio ha molte sfaccettature. So essere una donna durissima e senza scrupoli. Si sa ormai molte donne stanno scalando i vertici della camorra e della mafia ed era più che doveroso raccontare anche questo aspetto della criminalità organizzata».

Infine un accenno alle indagini sul sospetto di pagamento del pizzo (per l'affitto di una villa) durante la produzione della prima

stagione che poi sono sfociate in un processo che ha portato all'assoluzione dei produttori coinvolti. Dice Riccardo Tozzi della Cattleya: «Per evitare qualsiasi problema questa volta abbiamo fatto controlli ancora più rigidi».

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