Intanto una supplica: se avete deciso di farne entrare sedici, reclutatene sedici. Perché tutto ’sto via vai... già sono tanti, già spariranno nel nulla, non si vede per quale motivo scomodarne venti per poi mandarne subito via quattro. Alla undicesima edizione non se ne può più di questi che... «ma uno solo di voi entrerà nella Casa». Se ne entra uno solo, lasciate in pace l’altro. E lasciate in pace anche noi. Che già nel corso della prima, estenuante puntata (seguita da quasi 6 milioni di italiani, col 27% di share), fatichiamo a mettere a fuoco l’operaio e la barista, figuriamoci quando gli autori iniziano il sudoku dei concorrenti.
Dopo undici anni, siamo tutti veterani del Grande Fratello: gli autori, i concorrenti, la conduttrice, e, modestamente, anche noi telespettatori. A ognuno le sue competenze. A noi tocca individuare fin da quell’improbabile ingresso (ormai i reclusi iniziano a recitare sempre prima, ancora prima di varcare la soglia perché sanno già a memoria dove ci sono le telecamere) sul red carpet dei poveri, il personaggio dell’edizione che è solo ai nastri di partenza. Perciò, se da Cinecittà evitano di confonderci con delle comparse che scadono più in fretta della panna acida, è tutto di guadagnato. Noi, comunque, ce l’abbiamo fatta lo stesso, tiè. Ci siamo riusciti ugualmente, tra una valigia esplosa, un ricordo a Pietro Taricone, una videoclip e un olezzo di formaggio francese (sì, con tutte quelle scene è sembrato persino a noi di riuscire a sentirlo), siamo riusciti a capire chi, tra i venti-poi-sedici-più uno-in-stand-by concorrenti di quest’anno, avrà le telecamere incollate addosso più di tutti gli altri. Chi, tra un paio di settimane, cercheremo di vivisezionare da vivo, andando alla ricerca del fidanzato che aveva alle medie, della professoressa che l’ha bocciata al liceo, dell’amica che le prestava i vestiti per uscire, dell’ex che ha scaricato in malo modo o, nel caso dell’altro, dell’ultima cliente disposta a pagarlo in cambio di qualche smanceria. La pantera e il gigolò li hanno già soprannominati tutti. La prima per eccessiva sintesi etologica (ha sì il corpo da pantera, ma la testa, in realtà è leonina), il secondo, alla cieca, per rispettare la sua autodefinizione, e dopo averlo visto per perfida ironia.
Norma Silvestri e Giuliano Cimetti. Lei, la congolese di Torino, è entrata con uno spogliarello da far sudare i sassi, si è dovuta liberare di una seconda pelle di lattex bianco davanti agli incomprensibili commenti dell’operaio di Pomezia, Ferdinando Colelli; lui, Giuliano, è entrato con un sadico compito assegnatogli dal Grande Fratello: «Non far capire a nessuno che per vivere fai l’accompagnatore di signore». Quando, guardandolo, il compito più arduo sarebbe quello di riuscire a convincere qualcuno del fatto che per vivere fa proprio quello. Se si fosse presentato in qualunque altro modo, probabilmente ci avrebbe messo tutta la durata del reality ad emergere, ma così è già un ossimoro su due gambe, un paradosso con gli occhiali, una macchietta, che nel gergo del reality significa «personaggio».
Altro che figlio del camorrista (ma siamo sicuri che il «riscatto» passi da Cinecittà?) che ha anche una bella faccia pulita, che lavora come commesso e che non deve lasciare che la vita gli si storti sotto il peso delle colpe del padre, ma che come «dote da reality», al momento, ha solo un genitore a cui non assomigliare. Altro che violinista tiepidamente innamorato, tra l’aura color flanella che ha mostrato nel primo collegamento e la percentuale di possibilità che ognuno dei concorrenti ha di arrivare fino in fondo, gli suggeriremmo di viversi l’esperienza certa della nascita del suo primogenito. Altro che mamma platealmente combattuta tra il dividersi dalla sua piccina e l’andarsi a prendere la fama per spezzare un po’ la routine dello shopping. Lei e la sua enfasi di plastica da prendere a sberle.
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