"La rivincita" dei nuovi poveri sbarca inedita su Raiplay

La storia di due fratelli pugliesi la cui esistenza è all'insegna della precarietà. Il racconto li spaccia come vittime della miseria, ma la volontà di renderli figure universali non va a segno.

"La rivincita" dei nuovi poveri sbarca inedita su Raiplay

"La rivincita", film uscito direttamente su RaiPlay a causa del lockdown, è l'esordio alla regia cinematografica di Leo Muscato, pluripremiato regista teatrale e lirico, che già aveva portato il soggetto a teatro nel 2013.

Il film vede protagonisti due fratelli pugliesi, Vincenzo (Michele Cipriani) e Sabino (Michele Venitucci), e le loro rispettive compagne, Maja (Deniz Özdoğan) e Angela (Sara Putignano). L'eredità paterna, vale a dire una casa e un terreno da coltivare, permette ai due uomini di vivere in maniera dignitosa. Un giorno, però, arriva una lettera che annuncia l'immediato esproprio del loro tratto di terra per far posto alla costruzione di un'autostrada e la situazione economica precipita in fretta, facendo sì che anche la soddisfazione di bisogni basilari diventi un lusso.

Nel passaggio dal palcoscenico al grande schermo avrebbe giovato una maggiore decisione tonale, così come usare una colonna sonora invece che il silenzio come sfondo alle scene. L'enfasi delle interpretazioni attoriali e la rigidità formale tipica dell'impianto teatrale minano la piena riuscita di un'opera che resta disarmonica e il cui tallone d'Achille è la mancanza di coerenza dei personaggi. "La rivincita" ci presenta, infatti, persone prigioniere di esistenze improvvisate ma anche allo spettatore più benevolo è evidente che prima di essere vittime della malasorte o dell'ingiustizia sociale queste figure lo siano di loro stesse. Sono soggetti le cui disgrazie sono in buona parte il risultato di comportamenti superficiali, illogici e avventati. Tra tutti gli indigenti di buon cuore visti al cinema, quelli protagonisti de "La rivincita" sono forse gli unici con cui sia pressoché impossibile solidarizzare. Vincenzo è capace di dare quattromila euro al fratello e poco dopo di convincere la propria compagna ad abortire, non avendo modo di provvedere economicamente al bambino, per poi, appena la situazione sembra migliorare, decidere di volere un figlio al punto da indebitarsi di diecimila euro con gli strozzini. Maja è invece insofferente e anaffettiva al punto da abbandonare il figlio per andare a fare volontariato dai bambini del continente africano. La connessione che in questo caso c’è tra povertà e patrimonio neuronico (parco quello di Vincenzo, compromesso quello di Maja come si evince nel finale) è disturbante e finisce per inficiare l'universalità della condizione raccontata. Ora come non mai sono molte le persone che rinunciano a qualsiasi progettualità che non sia quella di mangiare e dare da mangiare ai propri familiari. Debiti, privazioni e difficoltà economiche possono condurre a scelte sbagliate, fatte per disperazione, il punto però è che quanto osservato nel film non collima col copione reale dell’esistenza sempre più precaria che vediamo attorno a noi: la recidiva illogicità comportamentale dei personaggi rende astrusa la narrazione e uccide l'empatia. Se, infatti, ci si immedesima facilmente nella loro legittima aspettativa di una vita serena, si resta indifferenti di fronte a sacrifici che vengono abbracciati più per incoscienza che altro.

La lotta per la sopravvivenza in "La rivincita"

non ha né l’ineluttabilità del vero dramma né la forza della denuncia sociale, resta piuttosto il resoconto di vicissitudini subite da esseri umani confusi rispetto alla gestione delle proprie risorse materiali e mentali.

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