Il Boss di The Apprentice sceglierà personalmente, insieme agli autori e ai «cacciatori di teste» del programma, i partecipanti al reality show di Sky Uno. Ma Flavio Briatore, il patron della holding del lusso «Billionaire Life», che in una delle sue diverse vite professionali, quella di manager di Formula Uno, è stato anche lo scopritore di Michael Schumacher e Fernando Alonso, ha sempre tenuto a presentarsi come self made man. Da quando ragazzino dormiva con gli amici in sacco a pelo sulla spiaggia dell'Isola Rossa e guardava le barche a vela dei grandi imprenditori, alle storie d'amore, soldi e mondanità degli anni recenti, Briatore non ha smesso di attizzare il fuoco del provinciale alla ricerca del successo. Un modello esistenziale in fondo legato a filo doppio all'immaginario e allo show, anche televisivo.
In The Apprentice lei ha il ruolo del boss, ma c'è stato un momento, nella sua carriera, in cui si è sentito lei, come i ragazzi che oggi partecipano alle selezioni, un pulcino bagnato?
«Ci sentiamo sempre così in certi momenti. E quando parti da zero sei sempre bagnato più degli altri. Hai l'ansia, hai la paura di non farcela: devi cercare di gestirla, non c'è nient'altro da fare».
C'è stato un momento in cui ha detto: «Non ce la farò, è finita»?
«Ho avuto molti momenti così. Ma ai nostri tempi, nel complesso era tutto più facile. Se qualcuno aveva un po' di inventiva in più emergeva. Ho iniziato a vendere assicurazioni per la Ras a 18 anni. Non avevo ancora neanche la patente, ma ho avuto una possibilità di lavorare, poi ho continuato vendendo appartamenti. Ora è più difficile. Ormai la gente le assicurazioni le compra sul website. Tutto questo progresso, e la rete, sì creano posti di lavoro, ma ne levano anche. Moltissimi. La gente non deve cercare il lavoro che piace, deve cercare il lavoro che trova. E quando lo trova se lo deve far piacere».
Lei è geometra, e si è diplomato da privatista dopo essere stato bocciato due volte. Cosa serve in più se non si ha una formazione iperprofessionale?
«Ognuno porta il suo bagaglio. Certo, studiare è una cosa importantissima, ma non è mai come la pratica. Un giorno, avrò avuto 18 anni, ero a Torino, e ho visto dei ragazzi che uscivano dall'università. Mi sembravano anziani come mio padre. Ho detto Se devo finire con i libri sotto al braccio a trent'anni, è meglio che mi dia una mossa.
E adesso?
«Non so il latino. Certe volte faccio anche degli errori scrivendo. Però ci sono le segretarie che ti possono correggere».
Come distinguere, tra i concorrenti, chi ha un vero interesse al lavoro da chi è in cerca del quarto d'ora di celebrità?
«Lo scopo di The Apprentice è proprio questo, non siamo a XFactor o all'Isola dei famosi. È un colloquio di lavoro che dura tre mesi. Se non vali vieni buttato fuori subito. Cerco qualcuno che lavori con noi davvero. Buona parte del mio successo è dovuto all'aver saputo scegliere le persone che lavorano con me».
E come si fa?
«Senti l'odore. Lo vedi. Ho assunto centinaia di persone. I curriculum io non li guardo neanche. Sono tutti fantastici, ma se sono così fantastici allora perché chi li presenta non ha già un lavoro?».
Crisi nera. Diceva Mao che i momenti di grande confusione sono eccellenti, ma, aggiungeva «per chi è deciso». È d'accordo con Mao?
«Beh sì. Devi muoverti tu, perché se aspetti che ti diano una mano gli altri... Ho visto questi 70 o 80 decreti per l'occupazione del Governo...».
E che ne pensa?
«Penso che hanno voluto fare qualcosa per dimostrare che fanno qualcosa. Serve defiscalizzazione immediata per chi assume i giovani, ma fatta adesso, non fra otto anni. Tutte 'ste robe complicate non sono utili. In Italia abbiamo bisogno di uno shock. Fanno tanta comunicazione, ma è tutto fumo... La verità è che molta gente che è al potere da trent'anni dovrebbe lasciare».
È stato a pranzo con Renzi: voglia di rottamazione?
«No, c'è gente di 80 anni che è ancora validissima. È il meccanismo che è vecchio.
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