La trasvolata di Balbo un'impresa mediatica che mandò in orbita l'orgoglio nazionale E ingelosì Mussolini

Nelle intenzioni la "crociera aerea" voleva festeggiare il decennale della marcia su Roma Ma l'accurata preparazione che fu alla base della sua riuscita slittò all'anno dopo Per 43 giorni il mondo intero seguì l'evento

La trasvolata di Balbo un'impresa mediatica che mandò in orbita l'orgoglio nazionale E ingelosì Mussolini

Per capire quale enorme significato abbiano avuto le trasvolate atlantiche di Italo Balbo bisogna avvicinarsi allo stato d'animo dell'epoca nei confronti del volo. Soltanto vent'anni prima i fratelli Wright erano riusciti a volare per poche decine di metri. Da allora erano stati compiuti progressi giganteschi, e già qualche pazzo, o avventuriero, o eroe, come lo si voglia chiamare, aveva trasvolato l'Atlantico. Ma il volo su lunghi tragitti rimaneva, appunto, un'impresa da eroi o da pazzi, non uno strumento di vita quotidiana e di progresso. L'epopea del volo, negli anni Venti e Trenta, aveva dunque lo stesso fascino e lo stesso pubblico, entusiasta e planetario, delle imprese spaziali negli anni Sessanta. I grandi piloti venivano amati e ammirati come oggi i divi dello spettacolo.

Dopo due crociere nel Mediterraneo, Balbo - ex capo dello squadrismo fascista, ora ministro dell'Aeronautica - decise di tentare per prima la traversata dell'Atlantico meridionale, più facile. Fino al termine del '30 era stata tentata 12 volte, riuscendo 9 volte, ma con un massimo di quattro persone a bordo. L'impresa riuscì, sia pure con qualche incidente, nel 1931, e il lavoro preparatorio per la seconda crociera iniziò subito per celebrare, nel 1932, il decennale della marcia su Roma. Prima di allora la traversata dell'Atlantico settentrionale era stata tentata 78 volte da velivoli isolati, riuscendo solo in 28 casi. Balbo compì il percorso due volte, con 24 apparecchi: se la media precedente fosse stata rispettata solo 9 aerei, al massimo, sarebbero riusciti ad arrivare negli Stati Uniti, e di questi solo 3-4 sarebbero tornati a Roma. Invece, appena due apparecchi ebbero incidenti.

La preparazione fu talmente accurata che il programma scivolò al 1933, ma la crociera verrà ugualmente chiamata «del decennale»: decennale della fondazione dell'aviazione. Venne perfezionato l'aereo S.55TA (TA sta per trasvolata atlantica), divenuto S.55X, con eliche metalliche, serbatoi di maggiore capacità (5070 litri), un radiatore diverso e soprattutto un nuovo motore, l'Isotta Fraschini Asso 11 R, di 750 cavalli. Poi la costituzione della Scuola di navigazione aerea d'alto mare (SNADAM) a Orbetello. Niente fu trascurato: navigazioni in barca per perfezionare le conoscenze marinare necessarie a un pilota di idrovolante, esercitazioni di sci nel caso si dovesse ammarare nei mari del nord, studi presso le ditte costruttrici delle varie componenti dell'aereo, istruzione assidua di volo-senza-visuale, allora non ancora praticata in Italia. La carta vincente fu inviare piloti a scegliere i punti migliori di ammaraggio e decollo, a impiantare centri meteorologici, radiotelegrafici, di assistenza. E a studiare le condizioni climatiche. Furono affittate sei baleniere inglesi che, al comando di ufficiali della marina italiana, sarebbero state dislocate lungo il tragitto, insieme a due sommergibili e a tre navi militari, come punti di riferimento per gli aerei.

Potrebbe sembrare che l'enorme organizzazione svaluti l'aspetto eroico dell'impresa, ma l'intuizione geniale di Balbo fu proprio unire all'aspetto superomistico quello organizzativo e tecnologico, creando così il presupposto delle future linee aeree regolari: i circa cinquanta piloti che, alternandosi, sorvolavano due volte l'Atlantico non erano superuomini, ma uomini bene addestrati e bene assistiti.

Alla fine di giugno fu interpretato come buon segno che Primo Carnera conquistasse in America il titolo mondiale dei pesi massimi. Quel 1933 fu un anno davvero eccezionale per la tecnica e lo sport italiani: il 10 aprile era stata vinta la coppa Schneider alla velocità di 682 chilometri; il 16 aprile la squadra di fioretto aveva vinto il torneo di Montecarlo; il 15 agosto venne stabilito un nuovo primato di velocità per motoscafi; il 16 agosto il Rex vinse il nastro azzurro per la traversata dell'Atlantico; il 17 settembre Luigi Beccali stabilì il nuovo primato mondiale di corsa sui 1500 metri; l'8 ottobre venne battuto il record di velocità per aerei sui 100 chilometri.

Per la tappa più difficile, da Reykjavik a Cartwright, nel Labrador, occorsero 12 ore ma tutti gli uomini uscirono dagli apparecchi in camicia nera sotto la tuta. In Italia, milioni di persone che stavano ascoltando alla radio la VI sinfonia di Beethoven sentirono improvvisamente, in mezzo alle note, la voce concitata di un cronista che dava la grande notizia. Era la fine dell'«isolamento americano», e l'aeronautica italiana diveniva leggendaria in tutto il mondo. La trasvolata decuplicò il prestigio italiano e dette l'impressione a milioni di emigranti di essere come riscattati. Neanche la bonifica delle paludi pontine, avvenuta in quegli stessi anni, suscitò tanta risonanza e impressione all'estero. L'industria aeronautica ne fu enormemente avvantaggiata, sia dal punto di vista tecnico che da quello commerciale e fu creato un nucleo di piloti di alta specializzazione che avrebbe potuto fare scuola.

A Chicago, scelta come tappa finale perché vi si svolgeva l'esposizione universale, gli atlantici vennero subito portati, con un grande corteo di automobili, fra le strade stipate di folla, in uno stadio pieno di decine di migliaia di persone. Il sindaco proclamò la giornata «Italo Balbo's day» e comunicò che il consiglio comunale aveva deciso di intitolare a suo nome una via.

Il giorno dopo, i festeggiamenti ripresero con più lena che mai, benché Mussolini avesse fatto sapere che dovevano essere ridotti al minimo. Balbo ricevette la laurea honoris causa in scienze; fu scoperta la nuova targa nella settima strada, ribattezzata General Balbo Avenue, e inaugurato un monumento a Colombo, che porta l'epigrafe: «Questo monumento ha visto la gloria delle ali d'Italia guidate da Italo Balbo, 15 luglio 1933». Subito dopo la fine della guerra, dal 1945 al 1955, fu ambasciatore a Washington Alberto Tarchiani, uno dei fondatori di Giustizia e Libertà, promotore con Carlo Rosselli del volo antifascista su Milano. Si può immaginare con quale simpatia guardasse a quella strada di Chicago; chiese al sindaco che le due targhe fossero rimosse, ma si sentì rispondere: «Perché, Balbo non ha trasvolato l'Atlantico?».

Accanto a Balbo c'era spesso un giovane ufficiale d'ordinanza assegnatogli dall'esercito degli Stati Uniti: Dwight Eisenhower, che di lì a qualche anno avrebbe ricevuto analoghe accoglienze. Balbo non lo notò, ma il futuro vincitore della Seconda guerra mondiale e presidente degli Stati Uniti rimase molto impressionato da lui. Nel 1950, era allora comandante della Nato, nel corso di un viaggio in Italia ebbe a dire: «Balbo era fatto più per gli americani che per gli italiani».

La cerimonia più curiosa fu l'incoronamento a capo dai Sioux con un gigantesco diadema di penne sgargianti, e l'attribuzione del nome «Aquila Volante». Più dei pellerossa e degli americani, si emozionarono gli italiani d'America, «gli infelici greggi di emigrati» che «dieci anni fa», scrive Balbo, «formavano una specie di strame umano per la messa in valore delle terre americane».

Il 19 luglio la squadra partì all'alba, e lo spettacolo che Balbo aveva immaginato cinque anni prima si avverò: 24 idrovolanti veleggiarono in perfetta formazione sui grattacieli di New York. Il traffico si fermò, tutti corsero alle finestre, nel porto le navi emisero un unico assordante fischio di saluto, le rive dell'Hudson, dove la squadra ammarò, erano affollate come uno stadio durante una finalissima. Quel che avvenne dopo è paragonabile soltanto alle accoglienze tributate ai reduci della prima e della seconda guerra mondiale e, forse, ai primi astronauti. Neanche Lindbergh, americano e primo trasvolatore senza scalo da New York a Parigi, aveva avuto un trionfo simile, sette anni prima. Il sindaco O'Brien disse ai trasvolatori: «avete reso un servizio immenso a tutti i popoli della terra», e se pochi mesi dopo Fiorello La Guardia fu eletto al suo posto, lo dovette anche a Balbo.

Il culmine fu toccato quando Balbo arrivò al Madison Square Bowl di Long Island, lo stadio più grande degli Stati Uniti, capace di 200mila posti: era stracolmo, e altrettanti spettatori aspettavano fuori. In un'epoca non ancora abituata al divismo di grandi masse spinto fino agli isterismi, l'immagine fu quasi più impressione delle trasvolate stesse. Balbo vi giunse dopo il consueto trionfo in automobile scoperta sulla Broadway e venne collocato con tutti gli atlantici su un podio posto al centro dello stadio. Per mezz'ora non riuscì a parlare, tante erano le acclamazioni. Il breve discorso che tenne fu detto - esiste la registrazione - a voce piana, in un miscuglio di commozione e di orgoglio: «Italiani di New York, camerati nostri, gente del mio sangue e della mia fede! (...) Ospiti della grande America, siate la parte eletta dell'antica e della nuova Patria: rispettate le sue leggi per essere rispettati; esaltate, insieme con il tricolore, la bella bandiera stellata: da anni e anni esse si intrecciano al vento, né mai il passato le disunì, né mai le dividerà l'avvenire». Nella prima stesura del discorso, i riferimenti a Mussolini erano solo due, poi aumentati a quattro: un effetto della sorda lotta in atto in quei giorni tra Balbo e il duce. Mussolini vuole sapere tutto, si raccomanda di indossare la camicia nera, di curare il comportamento fascista degli avieri, e soprattutto insiste per ridurre i festeggiamenti. Balbo obbedisce, ma non rinuncia al trasferimento a Washington, dove è stato invitato dal presidente Roosevelt per un pranzo.

Il 25 luglio, una data che dieci anni dopo sarà fatale a Mussolini, la squadra ripartì e giunse a Shoal Harbor, sull'estrema punta est dell'isola di Terranova. Il duce non voleva che, durante il ritorno, la squadra atterrasse a Londra, Parigi, Berlino, per limitare gli onori internazionali a Balbo, e telegrafò direttamente le sue disposizioni di «meteorologo rurale»: «Sino al 10 agosto Irlanda, dopo Azzorre». Balbo invece fece di testa sua e l'8 agosto partì per le Azzorre.

La squadra ammarò sulla foce del Tevere alle 17,35 del 12 agosto, mentre la radio seguiva l'evento con un cronista d'eccezione, Filippo Tommaso Marinetti: «Ronza, brilla e ride fra gli scintillii turchini dell'orizzonte l'ampia musica di Balbo e degli Atlantici...». Balbo scende a terra e Mussolini - inaspettatamente, insolitamente - lo abbraccia e lo bacia. Il giorno dopo il duce fece avere un rimprovero durissimo a Luigi Barzini, direttore del Mattino, perché aveva pubblicato una foto nella quale lui, accanto a un Balbo baldanzoso, sembrava un vecchio. Forse era la foto peggiore, ma sfigurava anche in tutte le altre scattate quel giorno. Balbo è felice, bello, gli occhi gli brillano maliziosamente sopra un sorriso infantile. Un ricciolo selvaggio sulla fronte, la tuta sulla camicia nera gli danno un'aria sbarazzina e attiva. Accanto a lui Mussolini, con una camicia nera troppo larga, il viso troppo abbronzato, da commendatore che ha fatto le vacanze al mare, i pochi capelli corti e grigi (poco dopo se li raderà a zero), con un sorriso rigido e incerto: questo Mussolini, che in quel raro momento non è il protagonista ma il gregario, si svilisce. In una fotografia si tende con la testa verso Balbo, gli occhi fissi all'obiettivo, come chi voglia essere certo di venire ripreso accanto al divo. La differenza d'età tra i due uomini sembra non di 13, ma di 30 anni. C'è da credere che anche Balbo, più di Barzini, pagò caramente quella foto, e di certo Mussolini - da quel giorno - decise di militarizzare la propria immagine.

Tutto il tragitto verso Roma era stracolmo di gente festante, ma il trionfo vero e proprio avvenne il 13 agosto. Dopo il ricevimento al Quirinale gli atlantici, inquadrati militarmente in alta uniforme bianca, andarono a piazza Venezia e ai fori imperiali, su una strada coperta di fronde d'alloro e di quercia, poi passarono sotto l'arco di Costantino, in un rito ripristinato per loro dopo quasi duemila anni. Mussolini, sul Palatino, promosse tutti i partecipanti alla crociera e consegnò a Balbo il berretto di maresciallo dell'aria, grado creato per lui.

Il giorno dopo il neomaresciallo ricevette a Orbetello la visita del re, curioso anche di vedere i nuovi gradi - «meritati coi fatti», disse. Balbo non sarebbe mai più tornato a Orbetello come ministro, lo aspetta l'esilio dorato come governatore della Libia.

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