Vittorio Cecchi Gori ha vinto la battaglia contro Martin Scorsese. Un giudice della California gli ha infatti dato ragione contro il regista e sceneggiatore americano in una vicenda che affonda le sue radici molto lontano, ma che vede l’apice per una questione di diritti sul film “Irishman”. In questa intricata vicenda, non è però il regista l’unico a farne le spese.
È arrivata la sentenza con la sua piena vittoria, ci racconta come sono andate le cose?
“Questa storia va un po’ in là nel tempo. Quando ero in America avevo fatto un contratto con Martin Scorsese per il film “Silence”, avendo io i diritti del libro. Lui voleva farne il film, ci teneva molto, così ci siamo accordati. Questa operazione ci ha portato anche a fare amicizia, anche grazie alla mia società americana che ha iniziato ad appoggiare le sue produzioni”.
Lei divenne quindi uno dei produttori dei suoi film?
“All’inizio solo con 'Silence', la cui produzione venne però spostata per fare il 'Departed' il film con Leonardo DiCaprio, Jack Nicholson e Matt Damon. Un bellissimo film tra l’altro, con cui collaborando entrai come produttore, come nel successivo 'Shutter Island' anche questo con DiCaprio e Mark Ruffalo. Finalmente poi si stava per cominciare 'Silence', ma all’ultimo momento Scorsese decise di fare 'Wolf of Wall Street'. Per questa pellicola mi disse: 'Vittorio tu su questo film non hai partecipato, quindi non posso metterti come produttore'. Ed aveva ragione, però, noi avevamo i contratti fatti per 'Silence' ed era già passato del tempo e come società stavamo perdendo dei soldi”.
Quindi cosa successe?
“Alla mia richiesta lui mi disse: 'Ok Vittorio spostiamo ‘Silence’ , perché io voglio fare ‘Wolf of Wall Street’, e magari poi mi aiuti anche in ‘The Irishman’'. Firmammo i contratti. All’inizio della lavorazione di ‘The Irishman’, però, io stavo sempre di più in Italia, e questo è stato il problema di fondo. Avevo sì partecipato ad alcune riunioni con De Niro con cui avevo fatto anche diversi film come ‘Jackie Brown’ che avevo interamente prodotto, e anche con Joe Pesci avevo lavorato e quindi diciamo che ero ‘nel giro’, ma prevalentemente ero qui in Italia anche perché poi non sono stato bene”.
Per “The Irishman” quindi?
“Come dicevo, mi sentii molto male, tanto da non poter tornare in America, per questo avevo incaricato di seguire questa vicenda un avvocato, e per stare ulteriormente sicuro anche ad un’altra persona che conoscevo di lingua americana che aveva anche conoscenze legali. Venni poi ricoverato in gravi condizioni per un problema cerebrovascolari in seguito ad un’ischemia cerebrale. Il film quindi fu realizzato ma io avevo partecipato solo alla prima parte”.
Però in America lei aveva questi due rappresentati "legali" che facevano le sue veci...
“Non fu proprio così ed è proprio questo il centro del problema. Intanto, facendo una divagazione, dietro questo film c’è anche una storia di produzione, perché ‘Silence’ era stato preso dalla Paramount e anche ‘Irishman’ doveva essere preso da quella, però il film era costoso, soprattutto nella parte del ‘ringiovanimento’ dei due attori, che necessitava una lavorazione molto particolare che ha fatto lievitare i costi, per questo all’ultimo momento lo ha preso Netflix. Ricordo che dissi: ‘Non ci sarà il problema dell’uscita ai cinema?’ essendo Netflix un circuito televisivo”.
Poi cosa successe?
“Io non seppi più niente, ma ‘sentivo’ che c’era qualcosa che non mi quadrava. Intanto perché dovevo incontrare Scorsese alla ‘Festa del cinema’ di Roma e non successe, cosa molto strana perché con lui avevo sempre avuto ottimi rapporti. Devo dire un po’ meno con l’entourage, con i suoi avvocati, che hanno sempre fatto molta confusione e anche in passato mi avevano creato un altro problema. Però pensavo che al massimo non mi avessero messo come produttore del film, almeno della prima parte come era negli accordi”.
Infatti è stato così, lei non era presente tra i produttori...
“Non solo questo, quando il 27 novembre uscì il film io andai subito a vederlo per cercare di capire cosa fosse successo, e il mio nome non c’era effettivamente, al suo posto era stato messo quello del traduttore legale che avevo incaricato di controllare i credit quando io ero in Italia perché stavo male”.
Si era sostituito a lei? Ha preso il suo posto nei crediti quando invece era stato incaricato di controllare i suoi interessi?
“Esatto, una cosa pazzesca, lui tra l’altro non aveva mai prodotto un film, non c’entrava nulla, quindi per quale ragione doveva fare una cosa del genere? Per fortuna, questi due che avevo incaricato, li avevo già denunciati tempo prima per un’altra questione e stava per uscire la sentenza in California. Io ho fatto in tempo per fortuna a fare un’esposto immediato al giudice che stava deliberando contro di loro e questa cosa è andata per direttissima”.
E il giudice?
“Non soltanto li ha incriminati per i reati precedenti, ma anche per sostituzione di persona, per crediti del film ‘The Irishman’, intimandoli di rimettere il mio nome tra i produttori come prima cosa, e a stabilire poi i danni che questa omissione ha comportato. Tra l’altro il film è molto bello, forse un po’ lungo ma bellissimo, e adesso ha preso cinque candidature ai ‘Golden Globe’, e visto che io faccio parte dell’Academy so bene che questo vuol dire che avrà anche delle nomination agli Oscar”.
Scorsese in tutto questo?
“Io sono sicuro che lui è una persona per bene, ma è contornato da tanta gente. Certo, la truffa di questi due va a coinvolgere a ‘pioggia’ sia la società di Scorsese, e perfino Netflix in teoria, anche se non ha una responsabilità oggettiva perché non c’è stata una volontà da parte loro di escludermi, anche perché in America io sono molto conosciuto”.
Non si è fatto un'idea del perché di tutto questo?
“Io credo, ma questa ovviamente è una mia supposizione, che quando ero in ospedale in Italia, visto che ci sono rimasto due mesi, questi due che ho poi denunciato, sono venuti all’inizio a trovarmi e fecero una battuta che nelle mie condizioni di salute non ho sentito ma mi è stata riferita: 'Certo che Vittorio, è molto più utile da morto che da vivo'. Visto che si pensava che morissi, secondo me questi si sono sostituiti pensando che io non ce l’avrei fatta”.
Scorsese non lo ha più sentito dopo questa vicenda?
“No, perché purtroppo per quelle cose, nonostante ci siano mille modi per comunicare, bisogna stare in America, e se io ero lì questa cosa non sarebbe successa. Ora comunque le cose si rimetteranno a posto e io di sicuro mi sentirò con lui, di questo sono sicuro, e speriamo proprio che questo sia un film che prenderà l’Oscar anche se c’è questa diatriba su Netflix sul fatto che possa prendere o meno l’Oscar”.
Può spiegarcela?
“Il problema di Netflix è che va diretto in televisione e salta le sale cinematografiche. Le regole dell’Oscar dicono che un film deve uscire nelle sale. Ultimamente hanno fatto delle correzioni su questa regola, così Netflix per una settimana o due fa uscire il film nelle sale e poi lo passa in tv, ma nonostante questo c’è sempre questa discussione se possa riceverlo o meno”.
Riprenderà a fare cinema?
“Sì, io stavo già lavorando ad altri progetti sia in America che qualcosa anche in Italia. Quella che è successa è una cosa che mi giova molto, dico la verità, e io a febbraio potrei anche andare agli Oscar. Ci sono già stato con 'l’Ultimo Imperatore', per il ‘Postino’, ‘La vita è bella’, e con quest’ultimo l’ho anche vinto. Questa volta se accadesse non rinuncio, stavolta partecipo”.
Augurandole che le cose vadano per il verso giusto, un’ultima domanda: cosa farà a Natale?
“Come tutte le persone che vivono da sole, un pochino di tristezza c’è. Comunque in Italia c’è Rita (Rusic ex moglie ndr), e anche mio figlio Mario, quindi io vedrò loro, perché la famiglia a Natale è proprio importante”.
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