Un minuto e mezzo. A volte ti alleni per tutto il tempo, aspettando il gran momento. Poi le cose ti prendono d’infilata, rammentandoti che comunque non decidi mica te. Che non contano gli anni che hai devoluto al tuo sogno: hai novanta secondi per essere perfetto. La vita non dà il resto.
Un minuto e mezzo è anche il tempo che ci mette lui, Steven Bradbury, per compiere un giro che lo issa in cima al mondo con la più impensabile delle traiettorie. Salt Lake City. Olimpiadi invernali 2002: alla finale dello short track ci è arrivato pattinando in equilibrio in mezzo allo sfacelo altrui. Gente che cade. Altra che viene squalificata. Non è sicuramente il favorito, comunque è lì.
Certo, Sidney non pullula di distese ghiacciate. Eppure il ragazzo, classe ’73, ha un sogno seducente impresso nei cromosomi. Non è nato fenomeno, ma prova a compensare con botte di dedizione. La sua è una passione che si rifiuta di appassire, anche se la sfiga si mette in mezzo suggerendoti di chiuderla lì. Come quando, a Montreal, si scontra con Mirko Vuillermin. L’impatto è devastante, l’esito anche peggio: recisione dell’arteria femorale. Roba che può costarti la vita. Sul ghiaccio immacolato scorrono fiotti di sangue caldo. Alla fine Steven ne perderà a litri, salvandosi per miracolo.
Per tutti significherebbe carriera tranciata di netto. Non per lui. Bradbury si fa diciotto mesi di riabilitazione. Rimpolpa la gamba che sembrava avvizzita. Torna in pista. Nel duemila un altro sgambetto del destino. Cade in allenamento, infrangendo due vertebre con vista collo. Sembra finita, di nuovo. Lui ricomincia, di nuovo.
Ecco perché, in fondo, quella finale di vent’anni fa andrebbe raccontata distillando la retorica del colpo di fortuna. Sì, davanti a lui ci sono dei mostri sacri. Bradbury parte male e si ritrova quasi subito ultimo. Devono vincere altri. La medaglia se la contendono Apolo Ohno e Li Jiajun. Fino all’ultimo giro il nostro è arrancante, mentre gli altri fluttuano sul ghiaccio. Alla curva finale però accade l’imponderabile. Jiajun cade nel tentativo di sorpassare Ohno, il quale perde l'equilibrio e trascina con sé tutti gli altri.
Steven, che fino a quel punto sembrava viaggiare in differita, è l’unico a rimanere in piedi. The last man standing, lo battezzerà la stampa internazionale. La medaglia d’oro che penzola dal suo collo è la più assurda di sempre.
La prima per un australiano in questo sport. Eppure sembra giusto così. Di quando in quando, il fato decide di restituire quel che ti ha tolto. Così, puoi anche non essere il migliore di tutti. A volte basta semplicemente essere Steven Bradbury.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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