Allenatori in castigo, giro di vite alla panca

Non solo proteste, nel mirino le reazioni scomposte per errori dei propri giocatori

Filippo GrassiaMai come in quest'ultimo periodo compare il rosso fisso sugli allenatori. Non mi riferisco ai loro conti in banca, che al contrario dovrebbero essere splendidi, ma al colore dei cartellini, più o meno virtuali, mostrati dagli arbitri ai tecnici. E non solo. Nel posticipo di mercoledì sera l'arbitro Celi ha cacciato nell'intervallo i vice di Ventura e Di Francesco, rispettivamente Tomei e Pierini, nel finale di gara lo stesso allenatore granata. Il giorno prima era stato il turno di Sarri e Mancini, protagonisti malmostosi di un duello da saloon western a suon di parolacce. E tutto per un fraintendimento. Il quarto uomo aveva sbagliato a indicare il numero dei minuti di recupero (9 invece di 5) suscitando la protesta del coach nerazzurro, inviperito nonostante il vantaggio di due gol e un uomo, ma dai, e la furiosa risposta del collega partenopeo a suon di vili parolacce. Ma ciò che più ha destato curiosità sono state le espulsioni di Ventura in Napoli-Torino e Mihajlovic in Roma-Milan che avevano reagito in malo modo agli errori di loro giocatori: il primo rifilando un pugno alla panchina dopo un tiraccio di Bovo, il secondo prendendo a calci una bottiglietta dopo un rigore in movimento fallito da Kucka. Evidente il giro di vite da parte degli arbitri. Nicchi dice che non c'è niente di preconcetto o di nuovo, ma ammette che i designatori potrebbero aver chiesto ai loro uomini di essere più severi con quegli allenatori che non si comportano da educande: «C'è un regolamento e quello applicano gli arbitri e i loro collaboratori. Gli allenatori, per l'incapacità di gestire la tensione, si dimenticano di essere degli educatori e si rendono autori di comportamenti deplorevoli che, soprattutto in Serie A, finiscono nella case di tutti gli italiani. Mancini poteva rivolgersi al quarto uomo in modo più civile e Sarri evitare di scaldarsi in quella maniera. È anche un fatto di cultura, di quella cultura che non si compra al supermercato, ma si affina nella propria interiorità. Ci troviamo spesso di fronte a giocatori e allenatori che, pur essendo baciati dalla fortuna di svolgere un bel lavoro e di guadagnare somme enormi, non riescono a vivere una vita normale. Figuriamoci se dovessero comportarsi così nel mondo del lavoro quelle persone che si portano dentro problemi di ben altro spessore, come la malattia grave di un famigliare o il peso insopportabile d'un mutuo. Gli esempi devono piovere dall'alto».

E ancora: «Mi fa piacere che gli arbitri, e mi tocco, abbiano diretto in modo esemplare l'ultima di A. Ma il mio pensiero va a quei 4-5 giovani arbitri che, in ogni fine settimana, vengono picchiati nei campi di periferia». Del genere: il calcio sì, i calci no, veri o metaforici che siano.

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