La prima foto di gruppo, dopo il podio sfiorato, la scatta una collega giapponese ancora in body: nessun fotografo era appostato per cogliere le emozioni di queste outsider. Martina Maggio, Alice ed Asia D'Amato, Vanessa Ferrari si stringono allo staff e sorridono come si fa, non ad un'occasione persa, ma guadagnata. Un quarto posto a squadre ai Giochi non era nei sogni della valigia di Tokyo ed è un legno che si inscrive nell'oro di una tempra che le ragazze di Enrico Casella hanno dimostrato anche ieri. Da una parte ci sono loro, alle spalle della Russia e, per il soffio di 4/10, della Gran Bretagna, terza.
Dall'altra c'è lo shock delle americane, solo seconde, dopo 10 anni di egemonia, ma soprattutto orfane di Simone Biles. Dopo il volteggio, con il suo peggior risultato in carriera, la campionessa si accascia. Rientra, solo per abbandonare definitivamente la gara. Twitterà poco dopo, rivelando tutta la sua crisi interiore e il peso schiacciante del dover vincere e dominare sempre, di non voler fare più solo ciò che gli altri si aspettano da lei e di sentirsi stressata. «Ho il peso del mondo intero sulle spalle», dice. Addio o momento di crisi? Intanto le azzurre sorridono per un risultato che è stato a lungo di bronzo. Ed ora per sempre negli annali, come l'unico podio a squadre della ginnastica azzurra, per cui bisogna risalire ad Amsterdam 1928, quando un drappello di giovanissime debuttanti, tutte di Pavia con Luigina Giavotti di nemmeno 12 anni si prese la scena e l'argento. Eppure la ginnastica artistica è soprattutto fatica individuale: ognuna per se, come dimostrano i tormenti di Biles.
Poi c'è Vanessa Ferrari, alla sua quarta olimpiade e al suo terzo legno a cinque cerchi: «Eccone un altro!». È lei, con Federica Pellegrini, l'altra divina 30enne azzurra di queste olimpiadi che lotterà al corpo libero, il 2 agosto, per un posto da highlander, si spera, sportivamente, ancora con la Biles che alla prima rotazione, qualche giorno fa, le era già rimasta dietro. Ieri, però, Vanessa è stata il motore Ferrari di un grande team: perfetta al copro libero con 14.100, precisa al volteggio, passa il testimone a Martina Maggio e alle gemelle D'Amato. Le farfalle d'acciaio scalano posizioni. Martina Maggio, 20 anni due giorni fa, è al debutto ai Cinque cerchi. Le sue gambe sono fasciate da lunghe bende come i guerrieri antichi: «L'importante è non aver fatto errori». Perché anche quando alla trave tocca ad Alice D'Amato, tutte sanno che servirebbe un altro piccolo miracolo per difendere quel terzo posto parziale.
Ma la trave rappresenta i 10 centimetri più ostici di ogni ginnasta. Le azzurre fanno semplicemente tutto quello che devono. E forse è questo il modo migliore di restare, magari, giù dal podio ma, in fondo, di affrontare la vita.
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