Caro benzina? Caro ombrelloni? Caro viaggi? No, adesso a preoccupare gli italiani è il caro calcio che ha preso subito i tifosi in contropiede al ritorno dalle ferie. Pensavate di aver fatto uno sforzo economico per pagarvi la vacanza? Non facevate i conti con quello che vi aspettava, visto che per andare allo stadio bisogna ormai moltiplicare i sacrifici. E non parliamone se si tratta di seguire la propria squadra in trasferta Il mugugnatore medio da bar dello sport sta già intasando i social di proteste, ma poi, quando è il momento, non sa resistere al richiamo dello stadio. Il paradosso del tifo italiano sembra essere proprio questo: più il campionato perde valore nei confronti degli omologhi tornei europei, per livello tecnico medio ma soprattutto per obsolescenza degli stadi, più l'italiano si lega alla squadra del cuore. Non a caso il pubblico medio della prima giornata di serie A è stato di 30.824 spettatori a partita. Senza sfide di grandissimo richiamo. E i club ne approfittano: nessuno compra più un giocatore di un certo livello, anzi se li fanno pure soffiare, piangono miseria e lottano con i bilanci, ma poi pretendono dal loro pubblico una fedeltà continua a suon di centinaia di euro. Infatti i prezzi dei singoli biglietti salgono alle stelle anche perché ormai per tutti i club c'è il boom-abbonamenti. Con un prezzo medio che supera i 500 euro. Il Genoa è tornato in serie A accompagnato da 27mila tessere, con un bel bottino già in cassaforte per il club rossoblù; Milan e Roma, che pure non sono reduci da campionati straordinari, hanno sfondato subito i 40mila.
Mentre molti club sfruttano le partite di cartello per fare il botto: per Cagliari-Inter di lunedì non si trova un posto a meno di 120 euro C'è infine il problema dei tifosi ospiti che spesso vengono relegati in piccionaia a costi proibitivi: solo la Juve ha fissato un tetto massimo per chi va in trasferta (45 euro), gli altri sparano a ruota libera. Ma finché i tifosi si limitano a mugugnare sui social
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