Tra i primi sport a chiudere i campionati e soprattutto a decidere di congelare immediatamente scudetto, promozioni e retrocessioni, la pallavolo è ormai pronta alla ripresa. Di fatto sei mesi di interruzione che hanno tenuto lontano dalla rete 350mila tesserati. Adesso pronti a tornare in campo, ma fra mille problemi: i club di vertice, la Superlega, alle prese con i palazzetti ancora off limits per il pubblico in molte parti d'Italia, e quelli di base preoccupati dall'indisponibilità delle palestre scolastiche e di molti piccoli palazzetti comunali. Le società di vertice per ora sono legate alle ordinanze regionali che potrebbero consentire o vietare l'accesso ai tifosi: domenica 27 è prevista la partenza della prima serie, ma molti ancora non sanno se potranno farlo a porte aperte e per molte società l'impossibilità di aprire il botteghino sarebbe un colpo fatale. A Milano, per il rapporto affitto-incasso penalizzante si è deciso di giocare nel rinato Palalido le partite di campionato e nel palazzetto federale del Pavesi quelle di coppa, questo mentre per decisione della Regione si consente un accesso massimo di 700 spettatori. In Emilia-Romagna e in Umbria è consentito il 25% della capienza degli impianti. Per i campionati di base, invece, la partenza è legata all'esito di un vero e proprio censimento che la federvolley sta svolgendo tra tutti club.
Presidente Cattaneo, con che spirito la pallavolo riparte?
«Questa pandemia ci ha penalizzato pesantemente, basti pensare alla cosa più evidente: lo slittamento delle Olimpiadi a cui ci eravamo qualificati brillantemente con uomini, donne e beach. Abbiamo voglia di tornare in campo ma le preoccupazioni e le incertezze sono tante. Il volley negli ultimi vent'anni è cresciuto tantissimo, le nostre nazionali giovanili sono arrivate alla finale mondiale in quasi tutte le categorie, i nostri club dominano le coppe, ma soprattutto siamo presenti su tutto il territorio nazionale. In alcuni centri siamo addirittura l'unico sport. Ma adesso ci preoccupa la ripresa soprattutto per l'attività di base e per l'utilizzo delle palestre: saranno ancora disponibili? Abbiamo sentito che molte scuole potrebbero trasformarle in aule per i distanziamenti».
Durante questo stop vi siete scoperti anche uno sport molto litigioso: leghe contro federazione, giocatori contro i club
«Noi abbiamo comunicato l'8 aprile che la stagione sarebbe stata annullata senza scudetti, promozioni e retrocessioni. A quel punto le leghe hanno protestato, ma loro stesse due giorni prima avevano fatto un comunicato che diceva la stessa cosa. Non capisco la polemica: era impossibile concludere la stagione. Dovevamo tornare a giocare a luglio come il calcio? Non credo che i club sarebbero stati in grado».
E lo sconto giocatori-club?
«Sulle questioni contrattuali ognuno ha il proprio punto di vista. Qui non si tratta di un club inadempiente ma di una situazione critica generalizzata. Chi sa quanti sponsor potranno mantenere gli impegni? Sia perché metà dell'ultima stagione non si è disputata, sia perché molte aziende sono in grossa difficoltà. Anche la Fipav ha perso qualche sponsor. Comunque noi abbiamo cercato di aiutare tutte le nostre società distribuendo circa 5 milioni, riducendo o eliminando spese di tesseramenti e tasse gare. E l'attività giovanile, sotto l'aspetto tasse federali, sarà completamente gratuita».
Ripresa senza pubblico in alcune regioni. E con la spada di Damocle dell'andamento dei contagi. Un altro grosso problema.
«Certo, la serie A senza tifosi non ha senso. E poi tutte le società vivono soprattutto grazie ai botteghini. Anche per questo i giocatori devono capire le difficoltà dei club. Ho ancora negli occhi l'ultima partita che ho visto: la finale di coppa Italia a Bologna con il palazzetto strapieno ma con la pandemia alle porte».
Ripartire in questa situazione potrebbe anche farvi perdere un po' di ragazzi.
I genitori potrebbero tenerli lontani.«Purtroppo questa pandemia ci lascerà anche un grave effetto psicologico. Quando si riapriranno i palazzetti, anche un tifoso potrebbe pensarci due volte prima di tornare».
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