Ceferin, Agnelli e la commedia triste della Superlega

Il n°1 Juve insiste sul progetto, Tebas (Liga) lo paragona a Putin e il capo Uefa tira in ballo la guerra

Ceferin, Agnelli e la commedia triste della Superlega

Una partita persa. Però giocata ancora in modo cocciuto, con tempi e comunicazione sbagliati alla partenza. Andrea Agnelli resta prigioniero di un sogno, si è travestito da frontman di un trio che lo ha mandato avanti, come in certe gag antiche, offrendolo alle facili critiche, alcune scadute nell'insulto personale. La Superleague è finita ancor prima di incominciare ma il presidente della Juventus insiste, resiste, non volendone prendere coscienza, respingendo i consigli di chi gli ha suggerito di desistere, di comprendere che le emergenze contemporanee prevedono priorità superiori a quelle di un nuovo torneo calcistico. Il summit sul business del football, organizzato a Londra dal Financial Times, sarebbe stato l'occasione per una diplomatica ammissione di un errore strategico e di comunicazione, invece ha prevalso l'ossessione capricciosa, tale è, di volersi sostituire al potere dell'Uefa non per rispondere a criteri di equità sportiva ma per aumentare sensibilmente gli introiti, vista la contabilità sofferta della stessa Juventus e di altri club. Andrea Agnelli è stato l'ultimo a intervenire prima della chiusura della due giorni di lavori, la sostanza del sue pensiero conferma miopia politica e infantile tempistica di comunicazione: «Secondo me il calcio europeo ha un disperato bisogno di riforme. Il compromesso non è una scelta ormai, c'è bisogno di riforme più profonde. Un organo monopolistico è in grado di guidare un business come il calcio? Penso di no. Come mai la Superlega ha fallito? Non ha fallito. L'Uefa sapeva che io come presidente della Juventus stavo lavorando a qualcosa di diverso. Si tratta di un lavoro collettivo di 12 squadre, non di una persona sola. Queste 12 società hanno firmato un contratto di 120 pagine ed è ancora vincolante per 11 di esse. L'Uefa? Mi siederò, sosterrò una governance trasparente e aspetterò che il Consiglio di giustizia europeo dica se l'attuale organismo è idoneo. Dove giocherà tra cinque anni la Juventus? La vedo giocare nella più importante competizione europea».

La sua? Quella attuale? Il quiz è infantile, quasi un gioco di società. Agnelli ha respinto l'inopportuna e rozza provocazione di Tebas, capo della Liga, che ha accusato il trio Agnelli-Perez-Laporta, di essere più bugiardo di Putin: «Non accetto domande su Tebas, le sue parole si commentano da sole», nascondendosi dietro un inspiegabile silenzio come aveva fatto dinanzi ai volgari insulti di Commisso, a lui e alla sua famiglia. A Londra Agnelli avrebbe dovuto anche ricordarsi che la Premier League ha appena concluso un nuovo contratto sui diritti televisivi che supera i dodici miliardi e mezzo di sterline per tre anni, dunque una prospettiva già attuale in una realtà forte e diversa e gestita dagli stessi club suoi ex compari. In precedenza, Ceferin, presidente dell'Uefa, aveva respinto con disprezzo la nuova proposta: «L'avevano presentata in piena pandemia, la rilanciano ora con la guerra in corso.

Penso che vivano in un mondo parallelo. Possono organizzare un altro torneo ma chi vi aderirà non potrà partecipare a quelli organizzati da Uefa». Sembra una sfida ma è una grottesca commedia, recitata da comparse che presumono di essere attori.

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