Conte, lacrime, orgoglio ed eredità

«Un onore allenare questa squadra. Lascio a Ventura una Nazionale rigenerata»

Conte, lacrime, orgoglio ed eredità

Gli occhi lucidi, la voce rotta dall'emozione. E' un Antonio Conte "umano" quello che dopo 688 giorni saluta la Nazionale. Neanche nel giorno dell'addio alla Juve dei tre scudetti e del record di punti si era commosso così. Nel breve saluto a Casa Azzurri, sorrisi, abbracci, strette di mano, ringraziamenti per chi ha sopportato "una persona non semplice nei rapporti". E prima di salire le scalette per l'ultimo volo con la truppa azzurra, ha trovato il tempo per un veloce passaggio dal centro sportivo Bernard Gasset, il covo "blindato" di Montpellier.

Il "sarto che lavora con il materiale che ha" (Conte dixit) ha confezionato un abito forse non elegantissimo ma comunque più che dignitoso. E oggi che un ko ai quarti di finale (con i campioni del mondo in carica) viene salutato quasi come una vittoria, considerando la genesi di quest'avventura, Conte non vuole dimenticare nessuno: i giocatori, lo staff, i magazzinieri, l'onnipresente segretario Vladovich e "una persona silenziosa e incredibile con dei valori umani", ovvero il team manager Lele Oriali. Per ritrovare il "rispetto" di tutti rivendicato in fondo a un Europeo sbalorditivo, l'ormai ex ct quella maglia se l'era cucita addosso prima di chiedere a tutti di fare lo stesso. "Oggi l'emozione e' piu' forte di ieri, è il giorno dopo che realizzi che è davvero finita", ha detto prima di tornare in Italia e iniziare l'unica settimana di vacanza ("speravo di non fare nemmeno questa perchè sarei stato ancora dentro l'Europeo"). Lo attende il Chelsea, una scelta motivata dalla voglia di tornare a lavorare tutti i giorni ("mi piace sentire l'odore del campo", giustificò il suo divorzio dall'azzurro a marzo) ma anche da uno stipendio sostanzioso: 6,5 milioni a stagione, due in più dell'ingaggio in azzurro.

Il colore della nazionale lo sveste dopo aver eliminato i campioni d'Europa della Spagna e aver messo in crisi - perdendo solo ai rigori - gli iridati della Germania. Della notte amara di Bordeaux restano le lacrime degli azzurri a testa bassa dopo il ko che brucia. E il breve discorso di Conte: "Mi avete reso felice e orgoglioso di lavorare con voi". Giocatori che "non sono eroi, ma persone sane, ragazzi stupendi".

L'allenatore leccese avrà passato la notte a ripensare a quella serie maledetta di rigori, lui che nelle ultime 48 ore si aggirava per il ritiro con un volto tesissimo, la mente rivolta solo alla partita. "Sembra un mistico, in quei momenti", la colorita definizione del presidente Figc Carlo Tavecchio. Passata l'adrenalina, Conte sembra un'altra persona. A caldo dopo la gara aveva denunciato: "In questi due anni, non c'e' stato nessuno al mio fianco, a parte il presidente. E la mia non era la guerra di Conte, ma la guerra per la nazionale". Ieri spazio solo ai ringraziamenti: "Mi dispiace tanto per i ragazzi, per me è stato un onore allenarli".

Da Bari, la sua prima apparizione da ct nel settembre 2014, a Bordeaux, il viaggio è stato affascinante, difficile, ma con un bilancio che alla fine può essere considerato in attivo. Nonostante non sia riuscito a eguagliare Lippi e Prandelli, arrivati in fondo con alterne fortune nelle grandi manifestazioni. Due anni vissuti intensamente, dalle ceneri del Mondiale brasiliano a Francia 2016: non poteva essere diversamente chiamata a risollevarsi sotto la guida di un ct profeta dell'intensità, cultore del lavoro e del sacrificio. Un ct senza se e senza ma. Tavecchio scelse l'ex allenatore della Juve perché serviva un condottiero in grado di risollevare le sorti del calcio azzurro. "Il progetto-rilancio", voluto dal numero uno federale, aveva una sola opzione e, visti i risultati all'Europeo in Francia - dove l'Italia partiva con l'etichetta di vittima annunciata - si è realizzato in poco meno di un paio d'anni. Conte, tra una partenza sprint, gli sfoghi e un inevitabile addio, è riuscito a trasformare in squadra una Nazionale che andava rivista e corretta.

Ora saluta tutti, con la speranza un giorno di tornare su questa panchina ("l'età è della sua in questo senso", sottolinea Tavecchio).

"Lascio una traccia importante al mio successore Ventura, a cui auguro tutto il bene possibile, ma soprattutto il rispetto ritrovato dalla Nazionale agli occhi degli altri", il saluto finale di Conte. Gli azzurri abbandonano Montpellier (un'altra scelta felice del ct) tra gli applausi dei tifosi. Nemmeno fossero arrivati in fondo...

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