Milano - È un piccolo Milan, per cominciare. Che non riesce ad affrancarsi dai difetti più vistosi delle passate stagioni. È bastata una sosta, la prima, per smarrire le chiavi del gioco dimostrate con Torino e Napoli. Invece di segnare qualche passo in avanti, è subito scivolato indietro al pari di un gambero. Il piccolo Milan, ieri, non è stato capace di trovare la strada maestra del gol (una traversa centrata da Sosa, un rigore non visto su Bacca alla fine) e nemmeno di blindare la propria difesa caduta, nel finale, su una palletta innocua a causa della sfortunata deviazione di Abate. E così l'Udinese, che è sembrata squadra fatta apposta per difendersi, può trovare un pomeriggio di gloria a San Siro grazie a uno degli ultimi arrivati, il croato Perica entrato nel finale mentre le migliori energie dei milanisti erano al lumicino e lo schieramento corretto da Montella con un paio di innesti offensivi (Honda più Lapadula) non hanno procurato occasioni da gol.
È ancora un piccolo Milan, dunque. E certo le assenze di Niang e Kucka non possono certo rappresentare una spiegazione della miseria di palle-gol prodotte, a dispetto del dominio del gioco esercitato per tutto il tempo. Ma è stato un primato sterile, senza grandi invenzioni né lampi di fantasia, a eccezione dello spagnolo Suso che da solo o quasi, nel primo tempo, ha fatto vedere i sorci verdi ad Armero e alla difesa friulana. Una delle tante volte in cui si è liberato al tiro col sinistro ha trovato lungo la strada, a porta spalancata, la deviazione di una sentinella rivale. Non solo. Ma, sempre nel primo tempo, Pepe Sosa, sbertucciato da tifosi, critici e presunti competenti, ha centrato la traversa con la volèe di destro, picco più alto di un rendimento sempre vicino alla sufficienza. Forse, come sostiene lo stesso Montella, è un doppione di Montolivo ma utile a un centrocampo non certo fatto di fenomeni. Segno dunque che non è poi così maluccio questo centrocampista dalla Turchia che ha solo un evidente limite fisico: il talento è discutibile ma non può sicuramente essere lui il genio a cui chiedere giocate memorabili.
Per spiegare invece la seconda, consecutiva, sconfitta del Milan si possono e si devono citare alcuni deficit di rendimento. A cominciare da Romagnoli che è riuscito a perdere quasi tutti i duelli in quota con l'armadio Zapata, per finire a Bonaventura che ha mostrato di avere le gomme sgonfie. E qui forse c'è da aggiungere un rilievo critico anche nei confronti di Montella che ha cambiato due centrocampisti, Pioli e Sosa, e non Jack reduce dalla prova in Nazionale, alterando sul piano tattico lo schieramento iniziale e passando a un 4-2-3-1 con l'innesto di Lapadula che ha dettato l'impressione di essere indietro nella forma ma molto elettrico in area di rigore. Alla fine, ed è questo il rilievo più malinconico, il pubblico (30mila non proprio quattro gatti) non ha nemmeno fischiato come in occasione del finale col Toro: c'è stato un silenzio imbarazzante, forse ancora più inquietante del banale sfogo per disapprovare il rendimento del Milan che è già sotto il livello di guardia, 3 punti dopo 3 gare, una media da mezza classifica. L'Udinese è stata a guardare e si è difesa allagando la propria metà-campo con mestiere e astuzia, spesso ricorrendo a mezzucci come hanno fatto un paio di esponenti del gruppo di Iachini, cadendo come colpiti da un fulmine per poi rialzarsi miracolati (vero invece il ko di Antonelli finito in ospedale per un trauma cervicale dopo uno scontro con Paletta: la paura è stata tanta).
Tra questi anche Perica, autore del gol che ha deciso il destino della sfida. Dalla sua parte Abate non ha chiuso col chiavistello e poi ha toccato in modo involontario la palletta deviandola e mettendo fuori gioco il sodale Donnarumma.
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