Djokovic c'è. La lezione a quelli che... restano a casa

Djokovic c'è. La lezione  a quelli che... restano a casa

C'è chi fa i calcoli e chi vuole tutto. C'è chi ha pensato a se stesso e chi ritiene che difendere la nazione valga ancora qualcosa. C'è chi è rimasto a casa e c'è Novak Djokovic. Quello che dice «le Olimpiadi sono le Olimpiadi, sono felice di esserci». Al netto di chi davvero ha avuto qualche problema, la differenza sta tutta qui: il Cannibale non molla nulla, anche se potrebbe pregiudicare tutto. Il tennis non è una scienza esatta, ed anche se tutti pensano che sarà lui finalmente quello che tornerà a fare il Grande Slam vincendo anche a New York, l'intoppo è sempre dietro l'angolo.

Essere a Tokio è un rischio, ma Nole vuole essere più grande di tutto, rispettando lo sport che lo fatto diventare immortale e la bandiera che rappresenta: «Qui è un'esperienza unica, mi fanno sentire parte di una squadra, la squadra serba. L'energia degli altri atleti che respiro al Villaggio mi spinge a dare il massimo».

Questo è il senso di un'Olimpiade, l'anima che lo sport-business non è riuscita ancora a capire. Poi, certo, Djokovic potrebbe anche raggiungere il Golden Slam, ovvero vincere nello stesso anno i 4 grandi tornei e l'oro a Giochi, ma chi lo sa cosa succederà domani? «So che l'impresa della Graf del 1988 ora è possibile, so di poter fare la storia. Eppure mi chiedo ancora come lei ci sia riuscita.

Mi piacerebbe chiederglielo, ma è meglio che viva giorno per giorno». Questo è il segreto: non guardare troppo in là. Mentre c'è chi sbircia da lontano e chi invece è a Tokio. E sa che accettare il rischio fa di lui un campione. Fa parte dei Giochi. Fa parte della vita.

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