"Dobbiamo dirgli solo grazie. Lui ci fece entrare nella storia"

Il ricordo di Roberto Boninsegna, l'uomo che all'Azteca doveva sfondare la difesa di Kaiser Franz: "Lui era un vero direttore d'orchestra"

"Dobbiamo dirgli solo grazie. Lui ci fece entrare nella storia"
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Nando Martellini che ripete 5 volte, in un crescendo palpitante, «Boninsegna, Boninsegna, Boninsegna, Boninsegna...»: e, alla quinta volta, fa precedere il nome da un fulgido «rete di...»; Boninsegna, ovviamente.

È l'ottavo minuto di quella che - forse un po' troppo pomposamente - passerà alla storia del calcio come la «Partita del Secolo», almeno così recita la targa («Partido del Siglo») affissa all'Azteca per commemorare il 4 a 3 che il 17 giugno 1970 uscì dal freddo mondo delle statistiche, entrando nell'universo caldo delle leggende.

Alle 16 (ora locale) a Città del Messico, tra Italia e Germania Occidentale va in scena la semifinale del VII Campionato mondiale di calcio.

Il giocatore-simbolo dei tedeschi è Franz Beckenbauer: più di un capitano. Un condottiero. Disarcionato ieri dalla malattia.

Roberto Boninsegna, «Der Kaiser» è morto. Aveva 78 anni.

«Una notizia triste».

Lei sapeva che Beckenbauer stava male già da tempo?

«No. Di recente mi ero sentito con Overath, un altro reduce del 4 a 3. Ma non mi aveva detto nulla delle condizioni di salute di Franz».

Che ricordo ha di lui?

«La sua immagine di guerriero nella semifinale dell'Azteca è impressa nel ricordo di tutti. Dobbiamo essergli grati: se con quella partita l'Italia è entrata nel mito, il merito fu suo e della sua grande Germania».

Una squadra fortissima.

«La notte precedente alla semifinale non riuscii a chiudere occhio. Ero in stanza con Prati. Giocammo a carte per ore nel tentativo, vano, di allontanare la tensione».

Ma poi l'Italia ebbe la meglio...

«Io segnai all'inizio, Schnellinger pareggiò due minuti dopo lo scadere del 90esimo».

Si narra che Schnellinger si trovasse in quel momento nella nostra area di rigore perché ormai si stava già avviando verso gli spogliatoi...

«La verità può conoscerla solo lui. Schnellinger era comunque un difensore, per nulla pratico di gol...».

E così arriviamo ai tempi supplementari che disegnarono un'epopea.

«La Germania passa addirittura in vantaggio con Muller. Quattro minuti dopo pareggiamo con Burnich. Alla fine del primo tempo supplementare Riva ci porta in vantaggio. Al 110' nuovo pareggio di Muller con Albertosi e Rivera sul palo che fanno una frittata. Ma Rivera si rifarà con la rete del definitivo 4 a 3, su un mio assist. Che - lo confesso - voleva essere più che altro un tiro in porta».

Stoica l'immagine di Beckenbauer dolorante dal 64', con una spalla lussata (dopo un «rude» contrasto col nostro Cera) che non si fa sostituire e continua fino alla fine con una fascia che gira attorno al corpo e gli blocca il braccio...

«Il simbolo in carne ed ossa del condottiero».

Un uomo vero.

«Sì, un uomo vero. Un direttore d'orchestra. Competente e autorevole. In campo come nella vita. Anche se, fuori dal rettangolo di gioco, non ho avuto l'opportunità di frequentarlo».

Beckenbauer, considerato da molti il «miglior difensore di tutti i tempi», è stato anche un grande allenatore.

«Ha vinto i Mondiali sia da giocatore sia da ct della nazionale. Inutile aggiungere altro...».

Da oggi il calcio, senza Franz, è un libro di storia con una pagina in meno.

«No. Con una pagina in più».

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