Benvenuti in un mondo che non c'è più e il Cio si ostina a celebrare. Ovvero il mondo senza politica e gesti politici, dove gli atleti dovrebbero solo sorridere, prendere fiori e ascoltare inni. Un mondo che non può dimenticare ed ,invece, i padroni dei Giochi vorrebbero che, per due settimane, chiudesse i libri della storia e dimenticasse i misfatti degli uomini. Anche se, quest'anno, hanno cercato di lavar la coscienza ricordando gli israeliani morti a Monaco 1972. Non è dal Cio che bisogna attendersi lezioni di etica e storia, ma almeno un po' di coscienza dei tempi. In omaggio al politicamente corretto non si può salire sul podio, con una spilla di Mao Zedong al petto, come Bao Shanju e Zhong Tianshi ragazze d'oro del ciclismo su pista, che rischiano una punizione per violazione della carta olimpica ma si può invece inginocchiarsi, prima delle partite, per ricordare i diritti umani. E quando, poi, qualcuno ricorda i diritti umani sul podio, ed è la foto della pesista americana Raven Saunders voltata verso i fotografi incrociando le braccia a X, in segno di protesta contro le discriminazioni, i padroni un po' parrucconi dello sport storcono il naso e chiedono spiegazioni. Come se Tommie Smith e John Carlos fossero passati invano con il loro pugno chiuso, sul podio di Città del Messico.
In realtà nel Comitato olimpico si dibattono troppe anime per restare adeguato alla realtà. C'è stato un passo avanti rispetto al passato: sono state permesse manifestazioni di pensiero e appartenenza, purchè non espressamente politiche e non sul podio o durante la gara. Poi tra il dire e il fare Gli atleti che sono giovani, e magari vincenti, interpretano secondo la logica del loro mondo. Come dire: il Cio dorme, lo sport vive la realtà imbrigliato da questo sior Tentenna in preda al che fare? Che dire? Guai alle cinesine fans di Mao Zedong (non è che in Cina abbondino i ricordi di Mao), ma imbarazzo davanti al mitico Mijain Lopez, 38enne lottatore cubano da 130 kg di greco-romana, arrivato al quarto oro consecutivo come solo pochi assi (da Lewis a Phelps). Per celebrare il successo, il campione, denominato El terrible, ha inneggiato a Fidel Castro. «Al comandante imbattuto perché la nostra rivoluzione possa andare avanti». Tanto diverso dal mettere lo stemmino di Mao sulla tuta? E, come lui, il pugile Julio Cesar De la Cruz, 91 kg sul ring e un saluto all'avversario Emanuel Reyes (attenzione: un cubano naturalizzato spagnolo) al grido di «Patria o muerte!».
Ma il peggio deve ancora arrivare: il 6 agosto saranno 76 anni dal bombardamento atomico di Hiroshima con i suoi 140mila morti. I Giochi di Tokyo potevano essere occasione per un ricordo: un minuto di silenzio dello sport.
Lo hanno chiesto tanti in Giappone, il Cio si è opposto quasi a temere di alterare il suo ottuso equilibrio mondiale. Gli abitanti di Hiroshima hanno pregato gli atleti di pensarci loro: quel giorno un minuto di silenzio, dovunque vi troviate al villaggio. Ecco un oro che ci piacerebbe vedere.
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