E il Diavolo arabo potrebbe salvare S. Siro

Sullo stadio tutto fermo. Investcorp pronta anche a ristrutturarlo stile Bernabeu. Dal bond alla gestione a lungo termine. Ecco i piani dei futuri proprietari

E il Diavolo arabo potrebbe salvare S. Siro

Chissà se nella sede londinese di Investcorp si immaginavano questo finale di campionato. Le bocche tradizionalmente cucite di chi lavora in finanza non dicono nemmeno questo. Ma scava-scava, grazie ai tanti sherpa che lavorano alla cessione del Milan da Elliott al fondo del Bahrein Investcorp, l'operazione da 1,18 miliardi di valore prende forma.

La struttura finanziaria prima di tutto: e qui, secondo le prime fonti, emerge un'ipotesi inedita, ma tipica del private equity: una volta trovato l'accordo con Elliott, parte del «prezzo» da pagare verrebbe finanziato dalle banche (in gioco ci sono Goldman Sachs con Investcorp, Bofa e Jp Morgan con Elliott) con un debito di cui si farebbe carico lo stesso Milan (con l'emissione di un bond o tramite una fusione). Una struttura complessa, ma resa possibile da una delle qualità del bilancio della società rossonera, tra le meno indebitate, con una posizione finanziaria netta negativa per un centinaio di milioni (l'Inter è intorno ai 300, la Juve ne aveva accumulati quasi 400 prima dell'aumento di capitale). In altri termini il Milan può permettersi qualche debito in più ed è proprio questo che lo rende appetibile ai fondi; senza che questo comprometta il modello di Elliott e dell'ad Ivan Gazidis, calibrato sulla sostenibilità di bilancio e sul costante aumento dei ricavi (verso quota 300 milioni) anche in funzione del nuovo «Fair play finanziario» Uefa.

E qui entra in scena il secondo elemento chiave: chi è Investcorp? Un investitore gemello dei fondi attivisti come Elliott, che comprano, rivalutano e rivendono entro 5 anni? O un fondo quasi sovrano, che opera come investitore stabile e che farebbe sognare il popolo milanista? La risposta sta nel mezzo: lo schema utilizzabile da Investcorp per rilevare il Milan sarebbe quello di una società veicolo a capitale permanente, sottoscritto da un gruppo di investitori interessati a questa singola operazione, senza un orizzonte temporale definito o comunque non di breve periodo. Diciamo nell'ordine dei 10 o più anni. Dopodiché, per quanto riguarda i sogni (in alcune chat circola già il nome di Mbappè) sembra più indicato tenere i piedi per terra.

Terza questione: il nuovo stadio. Non a caso tornata fuori ieri, con il sindaco Sala che ha sollecitato i due club milanesi a presentare progetti esecutivi, proprio dopo il nuovo assetto al vertice del campionato. È un altro derby. Una partita che il Milan gioca a tutto campo, mentre l'Inter tende a fare melina: la proprietà cinese non mostra grande determinazione né voglia di investire, forse perché il dossier immobiliare è già considerato del fondo Oaktree che, a fronte del bond da 275 milioni sottoscritto un anno fa, ha in pegno le azioni dell'Inter. Così la realtà toccata con mano da Investcorp è che sul nuovo stadio la situazione è quasi a zero. E l'eventuale nuova proprietà, esperta in sviluppo immobiliare, potrebbe anche riproporre la ristrutturazione di San Siro, con un progetto che permetta di utilizzare l'impianto in sicurezza durante la stagione (modello Bernabeu). Il vantaggio: avere la cittadinanza tutta la propria parte; l'opportunità: trattare con il Comune uno sviluppo immobiliare parallelo che garantisca il ritorno atteso. Con, o senza l'Inter, dipende da loro.

Quarta questione: gli uomini. A chi sta pensando il presidente Mohammed Mahfoodh Al Ardhi, per guidare il Milan? Le fonti bene informate escludono che il team tecnico sia in discussione. Anche Gazidis e i suoi manager sono considerati all'altezza, per il modello virtuoso di gestione di ricavi e costi.

Serve però un nome forte per le faccende più politiche, quelle della Lega, decisive per l'obiettivo principale di Investcorp: alzare il valore della Serie A. Ma per il momento il nome non c'è. O, se c'è, è tenuto ben segreto.

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