I club finalmente si sono espressi, e con la maggioranza bulgara di 16/20 hanno votato per cedere i diritti televisivi della Serie A 2021-2024 a Dazn, accettando l'offerta di 840 milioni a stagione del colosso dello streaming: decisivi i circa 100 milioni di differenza con la proposta di Sky, soprattutto di questi tempi in cui le società non sanno più che pesci e che fondi pigliare. Ecco allora che, senza neanche rendersene conto, i presidenti hanno portato il calcio nel futuro.
Stando infatti agli studi McKinsey, Eca e Nielsen la cosiddetta Generazione Z (che inquadra i nati dalla metà degli anni '90 al 2010) non è più appassionata allo sport tradizionale. Cresciuti con gli smartphone, i tablet e i social network, i nuovi giovani sono abituati a una diversa fruizione del prodotto sportivo, in cui l'esigenza diventa non più assistere a un incontro ma in qualche modo prendervi parte: così più della meta di loro utilizza i social mentre guarda la partita, e anzi vorrebbe vedere direttamente il match sugli stessi social network (58% del campione). È il frutto della narrazione da highlights continui, obbligata ad offrire tutto e subito prima che l'utente si annoi e cambi canale (o dispositivo). Molti dunque si sintonizzano non più per la squadra bensì per i singoli giocatori i cosiddetti top players, per giunta solo per i big match e spesso neanche per tutti i 90 minuti: troppo noiosa una partita normale, con le sue fisiologiche pause, in un'epoca che vive di stimoli permanenti.
Come ha detto il ceo del Liverpool Peter Moore: «Competiamo per il tempo, per quei periodi in cui si può rimanere concentrati su qualcosa. Il bambino moderno vive atomizzato: 10 minuti qui, 15 là». Un bagno di realismo che però viene in soccorso dei signori del pallone, alle prese con i debiti strutturali dei propri club e alla ricerca di nuovi modelli economico-finanziari.
Pensiamo anche all'ultimo intervento di Andrea Agnelli all'Eca (European Club Association), in cui presentando un «calcio al bivio» ha manifestato la necessità di venire incontro alle nuove generazioni. «Due terzi seguono le gare perché attratti dai grandi eventi, il 40% della fascia di età 16/24, la generazione Z, non ha interesse nel calcio», ha affermato il presidente bianconero, concludendo: «Dobbiamo mettere i tifosi al centro, l'attuale sistema non è fatto per i tifosi moderni. Dobbiamo offrire loro la migliore competizione possibile perché così rischiamo di perderli».
Curioso sillogismo quello per cui i tifosi diventano automaticamente i tifosi moderni. Degli altri, quelli abituati ai campanili e alla squadra del cuore, poco importa: pagheranno la transizione tifo-sostenibile, necessaria nell'era del coronafootball e dello streaming, nuovo bene primario nel paniere Istat 2021 scherziamoci su che è meglio, considerato il ritardo tecnologico colossale del nostro Paese.
Insomma la pandemia è stata un formidabile acceleratore di processi già in atto, e a livello sportivo ha trovato nei «non luoghi» degli stadi deserti lo scenario perfetto per condannare il pallone Novecentesco.
Così tra propositi di Superlega, spacchettamenti vari delle partite in streaming e campionati transnazionali pochi giorni fa la federazione belga ha votato per un campionato unico con l'Olanda, mentre si parla di una lega centro-nord americana, di un'altra scandinava allargata e infine di una balcanica sembra che a rimetterci siano come sempre i tifosi. Quelli vecchi, si intende, sempre che siano rimasti.
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