«Illecito grave, ripetuto e prolungato». È la frase chiave della Corte d'appello federale nelle motivazioni della sentenza contro la Juventus (il -15 al club e le inibizioni per 11 dirigenti). Tutto ruota attorno agli articoli del codice di giustizia sportiva Figc sui principi di lealtà, correttezza e probità (4, comma 1), sul coinvolgimento della società in caso di responsabilità dei suoi dirigenti (6) e sulla revocazione di un processo sportivo e all'apertura di uno nuovo «di fronte ad un quadro dei fatti radicalmente diverso» (63). Superato dunque il principio giuridico del ne bis in idem, in base al quale non si può essere giudicati due volte per gli stessi fatti.
L'«impressione mole di documenti» dell'inchiesta Prisma arrivata dalla Procura di Torino hanno - ha sottolineato la Corte - «valenza confessoria che provano e svelano l'intenzionalità sottostante all'alterazione delle operazioni di trasferimento e dei relativi valori». Dunque, le cosiddette plusvalenze «artificiali» per aggiustare i bilanci. Ritenuti «non attendibili» con un effetto sulla competizione sportiva - si parla di campionati falsati - anche al di là dell'entità economica degli scambi. Rilevanti, ad esempio, una correzione «a penna» di fatture ricevute dalla controparte per non far emergere «la natura permutativa dell'operazione compiuta» o «le X accanto al nome di un giocatore prescindendo dall'individuazione del soggetto da scambiare». Addirittura «inquietante» e «devastante» sul piano della lealtà sportiva viene poi definito il «libro nero» di Paratici, ovvero gli appunti su carta intestata della Juve, e mai disconosciuti dal club, scritti da Federico Cherubini, una sorta di «ricatto» del ds che critica il modello gestionale dell'ex responsabile dell'area tecnica bianconera in fase di trattativa per il rinnovo del proprio contratto.
E se altri club sono stati assolti perchè «non ci sono evidenze dimostrative specifiche tali da sostenere un'accusa», il -15 alla Juventus (il procuratore federale Chinè ne aveva chiesti solo 9, ndr) nasce da un principio di equità. La penalizzazione è quindi «proporzionata alla gravità dei fatti, tenuto conto dei precedenti che hanno riguardato alterazioni contabili protratte per più esercizi ovvero di rilevanti dimensioni ed intensità». Le inibizioni ai dirigenti sono infine giustificate dalla «consapevolezza ad ogni livello della artificiosità del "modus operandi" della società».
Le motivazioni della Corte d'appello Figc sono un «documento prevedibile nei contenuti, alla luce della pesante decisione, ma viziato da evidente illogicità, carenze motivazionali e infondatezza in punto di diritto, la Juventus farà valere le sue ragioni con fermezza, pur nel rispetto dovuto alle istituzioni», così il club bianconero. Entro trenta giorni il ricorso (già annunciato) al Collegio di Garanzia del Coni che nell'udienza a marzo potrà confermare la sentenza o rimandare l'atto alla Corte federale per eventuali vizi di forma. I legali della Juve, con tutta probabilità, sosterranno nel ricorso la violazione dei tempi per la richiesta di revocazione e la sbagliata declinazione dell'articolo 4, non contestato direttamente al club. Ad aprile poi arriveranno i deferimenti per il filone stipendi e lì la Juventus potrebbe rischiare sanzioni più pesanti (vedi la perdita dello scudetto 2019/20 o la retrocessione in B).
«Difficile pensare che la Juventus sia l'unica responsabile di un sistema di plusvalenze purtroppo diffuso in Italia e all'estero, è la tempistica che ha creato imbarazzo a tutti», così l'ad della Lega di A De Siervo, consapevole dell'esigenza di norme sul tema anche a livello internazionale.
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