Inter da tutto o niente. E Conte svuota il carro. "Non salviamo la patria"

Il tecnico "abbraccia" Zhang e ricorda che la sua squadra è l'unica italiana in Europa

Inter da tutto o niente. E Conte svuota il carro. "Non salviamo la patria"

Ripensare a Juventus-Benfica 2014 ed avere i brividi deve essere un tutt'uno per Antonio Conte: oggi allenatore dell'Inter ,allora dei bianconeri. Era una semifinale di Europa league come ora: stavolta avversari gli ucraini dello Shakhtar Donetsk, forse migliori di quel Benfica. Sei anni fa finì nella più devastante delle delusioni: la Uefa aveva apparecchiato la competizione per presentare la finale nel nuovo stadio bianconero e chi, se non la Juve, era attesa all'appuntamento? Conte ancor ora stringerà gli amuleti. Errare è umano, perseverare diabolico: detto poi ad un allenatore dell'Inter Da quel momento cominciò il distacco fra il tecnico e la società. All'Inter non tira aria migliore: essere o non essere finalista, essere o non essere vincitore nella finale di venerdì, potrebbe chiudere o mandare a buon proseguimento il rapporto fra tecnico e società. E non è detto sia il club a volere il distacco: fatta salva la tirata d'orecchie all'allenatore per la scriteriata conferenza stampa, post Atalanta, con tanto di accuse di debolezza alla società.

Ma il povero Conte chissà, poi, cosa avrà pensato ieri quando l'evanescente (nel senso della presenza) presidente Zhang si è presentato, a Dusseldorf, mettendogli la mano sulla spalla, come a dirgli da sotto la mascherina: Ehi, amico tutto bene? Allora siamo ok?. E quell'altro, con occhi lievemente fiammeggianti, sempre da sotto la mascherina, pareva rispondere: Toglimeli tutti via dai piedi o me ne vado. Riferimento non assolutamente casuale all'allegra compagnia dirigenziale, ma nascosto in un gracchiante buona sera: da molti interpretato come un embrassons nous.

Piuttosto al tecnico non sarà sfuggito il particolare che la presenza di Zhang non sempre coincide con fortunate esibizioni della squadra. Però il giovin signore cinese paga, e profumatamente, quindi meglio non indurre la scaramanzia alla tentazione. Più utile la lusinga che vale tanti sottintesi: «Il presidente è un valore aggiunto. Importante sia vicino alla squadra», ha risposto l'allenatore. «E se dovesse arrivare un successo europeo sarei contento per il club, non per me. Non penso alla bacheca personale». Certo, visto che finora in Europa non ci ha mai preso. Ma è vero che stasera l'Inter avrà bisogno di tutto e tutti. «Non siamo i salvatori della patria» ha ricordato per non dimenticare che l'Inter è rimasta l'unica squadra nostra in Europa. «C'è tanto entusiasmo, la parola paura non deve essere nel nostro vocabolario. Parliamo solo di rispetto e vogliamo dimostrare che meritiamo la finale». Tanto per sintetizzare: servono le reti di Lukaku, ma sarebbe buona cosa rivedere pure Lautaro indaffarato nell'amata arte del gol. Dicono le statistiche che, dal ritorno post covid, l'argentino, appesantito dalle voglie di Barcellona, ha segnato solo due reti contro le 8 del gigantone.

Lo Shakthar chiede ritmo, attenzione e concentrazione. Eriksen riposerà ancora in panchina, l'attacco non avrà il supporto di Sanchez, gli ucraini hanno in squadra una folta rappresentanza brasiliana in grado di improvvisare una rumba. Meglio rovinargli l'idea.

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