Juve, quelle parole di Max che non sono piaciute a John

Allegri tra Siviglia ed Empoli non ha convinto Elkann con le frasi su competitività e giovani. Futuro in bilico

Juve, quelle parole di Max che non sono piaciute a John
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Più dei fatti, del gioco, delle cento e passa formazioni cambiate in due anni, è a parole che Massimiliano Allegri ha messo in discussione la sua panchina. Succede tutto nelle tre notti recenti più amare della stagione bianconera, quelle serate in cui sono sfumati gli obiettivi: dalla qualificazione Champions sul campo alle due coppe.

Si parte da Empoli dove lo sfogo emotivo contro le montagne russe della giustizia sportiva ha fatto passare in secondo piano una frase, che però non è sfuggita ai piani alti della società: «L'anno prossimo la Juve non può competere per vincere». Un concetto che John Elkann non vuole venga accostato alla Signora. Da qui il messaggio: «Ho parlato con il nostro allenatore Massimiliano Allegri. Sente la responsabilità della nostra storia ed è determinato ad affrontare le due prossime partite per meritare l'Europa sul campo». Un arco temporale fissato in dieci giorni, tra il Milan e l'Udinese, poi si tireranno le somme. Non siamo all'esonero, alla separazione unilaterale, ma sicuramente l'intesa tra Elkann e Allegri non è la stessa di quando il capo di Exor gli diede pieni poteri di gestione nei giorni traumatici dell'addio di Andrea Agnelli, quando comunque la Juve già veleggiava a dieci punti dal Napoli ed era fuori dalla Champions con cinque gare su sei perse.

E prima di Empoli, c'era stata Siviglia. E l'eliminazione dell'Europa league e la conseguente stagione a zero titoli, avevano distratto da un'altra frase «pericolosa» di Allegri riferita all'inesperienza dei giovani come spiegazione della sconfitta e conseguente riflessione sul progetto Next Gen, non è ugualmente piaciuta ai vertici della Juventus.

E prima di Siviglia, c'era stato San Siro, l'Inter, la coppa Italia con annessi e connessi di un dopogara ad alta tensione. Spia di un nervosismo latente innescato dai dissidi con Francesco Calvo, Chief Football Officer, sul possibile arrivo di Cristiano Giuntoli a capo dell'area sportiva. Peccato che il dirigente del Napoli sia stato scelto dalla proprietà. E Calvo è emanazione diretta di Elkann.

Con questi presupposti ogni discorso riguardante l'oneroso, per la Juve, contratto di Massimiliano Allegri, i famigerati 40 milioni, può essere superato. Anche perché se si dovesse decidere di salutare Max, non si cercherebbero Antonio Conte e Luciano Spalletti, ma un profilo emergente identificabile con Tudor (che ha portato in zona Champions il Marsiglia) e Thiago Motta (che ha rilanciato il Bologna), in seconda battuta Dionisi del Sassuolo. Anche perché oltre a Di Maria e Rabiot la rifondazione potrebbe chiedere il sacrificio di un big (Vlahovic, Chiesa?) oltre a basarsi sui giovani.

Se la Juve si interroga, Napoli deve fare i conti con l'addio di Spalletti e nella ridda di nomi accostati alla panchina dei campioni d'Italia, Luis Enrique e Italiano sono i più quotati, con

lo spagnolo saldamente in pole. Nagelsmann e Conte sono gli altri nomi insieme a Benitez e Gasperini ma con De Laurentiis che ha sempre scelto di testa sua l'allenatore, non si può escludere nulla. A Napoli come a Torino.

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