Si dice che le sconfitte cementino il gruppo ma sulle legnate si hanno notizie vaghe. Fine dell'imbattibilità, stop alle chiacchiere sulle vittorie per uno a zero. La fuga è rientrata, Ilicic e Kalinic sono andati a prendere l'Inter sul più bello, al primo scontro diretto per la classifica.
Icardi là davanti sembrava un pulcino, Palacio un attempato signore in cerca di compagnia, Kondogbia un bambino a cui avevano rubato la palla, su Handanovic ognuno si era fatto una propria convinzione, nel giro di pochi minuti cinque trionfali giornate di campinato erano finite trush, unte e maleodoranti, tutto cancellato. Il gol di Icardi e il quarto di Kalinic sono andati in onda nel fuori programma, ormai era già tutto in archivio. Quando succede succede e allora sembra improvvisamente tutto da buttare. C'era Thohir, gli chiederanno di palesarsi con più discrezione, eppure lui qualcosa aveva intuito: «L'Inter non è perfetta perchè business e vita non sono perfette. Restiamo con i piedi per terra, a gennnaio interverremo sul mercato». Gocce di saggezza, lui è uno che vede lontano, forse avvertiva qualcosa, eppure non era ancora girata la voce dell'infortunio di Jovetic.
Risentimento muscolare durante il riscaldamento ai flessori della gamba destra, fuori il montenegrino, dentro Palacio. Ma questo non spiega niente, la Fiorentina ha rivoltato l'Inter come un calzino con le due squadre ancora in parità numerica, l'ha spogliata e la prima del campionato ha mostrato senza pudore le sue vergogne. Dopo due minuti di gioco era sotto di un gol, non era più davanti in solitario, e soprattutto si trovava per la prima volta in svantaggio in questa stagione.
Una nuova situazione psicologica, un evento difficilmente ipotizzabile dopo le prime cinque giornate. Tutto questo le ha trapanato le gambe, la testa era già partita, al 18' Kalinic ha raddoppiato, cinque minuti dopo ha realizzato la sua personalissima doppietta.
A questo punto mancava ancora un'ora di gioco. Il Mancio è uscito dalla gabbia e ha iniziato a strillare come un'aquila, prima ha strizzato Telles poi si è piegato in due quando sull'ennesima verticalizzazione viola Miranda ha messo le mani al collo a Kalinic in fuga solitaria verso Handanovic e si è guadagnato il rosso. A quel punto sotto di tre reti e con un uomo in meno, l'Inter, che nel frattempo non era riuscita neppure a calciare una sola volta in porta, ha deciso di alzare i decibel della sua fisicità, l'unica arma a disposizione su cui poteva ancora contare e Guarin con Borja Valero l'ha vista brutta, graziato da Damato.
Al rientro dopo l'intervallo il Mancio ha fatto l'unica cosa sensata, ha tentato di sistemare la difesa con l'ingresso di Ranocchia per un Kondogbia stra-appannato. Le probabilità di portare a casa qualcosa erano ridotte all'osso, altissime invece quelle di prenderne altre.
Nei primi 45', sul 2-0, il tentativo di schierare Santon centrale al fianco di Miranda, con Medel a destra, era durato il tempo necessario a Kalinic per infilare il 3-0 su centro di Alonso. E qui non solo il Mancio aveva capito che non bastava fare una sola cosa per rianimare l'Inter, ma serviva un intervento divino.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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