It's coming home, ma con cautela. Lo slogan in voga ormai da Euro 1996, il ritornello della canzone che raccontava il ritorno a casa del calcio per l'edizione ospitata dall'Inghilterra, è diventato col tempo quasi un invito a far tornare prima possibile non già il football in sé ma un trofeo che faccia compagnia a quella solitaria, impolverita Coppa del Mondo del 1966. 25 anni dopo, l'Inghilterra gioca ancora in casa, avrebbe la finale a Wembley e ci riprova. La cautela è quella che deve accompagnare ogni incontrollato crescendo di ottimismo: senza dimenticare che dopo aver battuto gli avversari di oggi nella semifinale mondiale di tre anni fa Luka Modric e Sime Vrsaljko non mancarono di ricordare quanto irrispettoso fosse loro parso quello slogan, ripetuto in maniera sempre più martellante man mano che gli inglesi avanzavano nel torneo. Inghilterra-Croazia è dunque soprattutto una sfida tra una squadra in missione perpetua e con molte aspettative intorno ed un'altra che adora partire sottovalutata e colpire chi le si distrae davanti. Il Ct Gareth Southgate, un po' retoricamente, nella conferenza stampa di venerdì (quella di ieri è stata annullata per rispetto dell'emergenza-Eriksen) ha auspicato di veder rinascere nei suoi proprio lo spirito dei Boys of '96, dei ragazzi del 1996, che trascinarono e incrementarono l'entusiasmo di una nazione ma che - vale dirlo - furono poi eliminati in semifinale ai rigori dalla Germania, per via dell'errore decisivo proprio di Southgate.
Il maggiore dubbio il Ct l'aveva sul modulo: preferisce il 4-3-3 ma ha avuto buoni risultati anche dal 3-4-3, e in ogni caso non avrà Harry Maguire, ancora in ripresa dopo l'infortunio alla caviglia di un mese fa. Senza il leader difensivo, possibile un'accoppiata Stones-Mings così da avere tre centrocampisti da opporre alla tecnica dei croati a centrocampo, contando poi sull'aiuto e la versatilità del centravanti Harry Kane, miglior realizzatore e miglior uomo assist dell'ultima Premier League. Saranno 22.
500 i tifosi presenti a Wembley, per una squadra che ha un'età media talmente bassa da poter essere considerata futuribile ma che - nello spirito del 1966, più che di quello del 1996 - ha bisogno di vincere adesso, non a Qatar 2022 o chissà quando.
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