La bolla non c'è più, resta tutto il resto. Per la Nba che riparte questa notte, due mesi e undici giorni dopo la fine della stagione 2019-20, la più lunga della storia. La bolla è quella, in Florida, in cui 22 squadre giocarono dal 30 luglio, vivendo isolate dal resto del pianeta e giocando di fronte ad un pubblico virtuale, con qualche concessione di presenza a familiari ed amici.
Un'annata segnata anche dalle prese di posizione civili, dopo la morte di George Floyd, e dall'intensificarsi dell'attivismo, che a molti non è andato giù, come conferma anche il netto calo di ascolti per la finale vinta dai Los Angeles Lakers sui Miami Heat, meno 45% rispetto a quella precedente tra Golden State Warriors e Toronto Raptors. Calo che peraltro a livello generale era iniziato a inizio decennio, con la perdita di quasi metà dei telespettatori.
È anche per questo che la Nba è la lega forse più vivace sui social media e molti giocatori si sono trasformati, prima ancora del periodo nella bolla, in produttore instancabili di contenuti: si tira su lì il pubblico che svanisce davanti al televisore. Stavolta, il tentativo di LeBron James e dei Lakers di vincere il secondo titolo consecutivo nasce in una situazione logistica particolare: 22 delle 30 squadre della Lega al momento non prevedono di ammettere pubblico alle partite, sette lo faranno con percentuali diverse rispetto alla capienza, dal 25% degli Houston Rockets, corrispondente a 4500 spettatori, al misero 1,5% dei Cleveland Cavaliers (750). Mentre dall'1 gennaio prevedono un'apertura i San Antonio Spurs, che però non hanno ancora dato dettagli. I Toronto Raptors giocheranno a Tampa, in Florida, per problemi legati ai costanti viaggi tra Canada e Stati Uniti, e faranno entrare circa 3800 tifosi o presunti tali, visto che non è chiaro chi in città sarà interessato a loro.
Non ci sarà nessuno, se non addetti ai lavori, al Chase Center di San Francisco, casa dei Golden State Warriors dall'ottobre 2019: e quindi ci vorrà il video per seguire la prima stagione Nba di Nico Mannion, il nazionale italiano cresciuto in Arizona e scelto dai Warriors nel Draft. Mannion farà parte, con spazi tutti da determinare, del tentativo di Golden State di tornare ai vertici, dopo i tre titoli in cinque anni tra 2015 e 2019 e il tracollo dello scorso campionato.
Danilo Gallinari, invece, giocherà la sua dodicesima stagione, dopo aver firmato un triennale da 60 milioni complessivi per gli Atlanta Hawks, sua quinta squadra dopo New York, Denver, Los Angeles Clippers e Oklahoma: 32 anni, con la sua tecnica, la sua esperienza e il suo
tiro è ormai da tanto tempo un giocatore Nba su cui puntare a colpo sicuro, come hanno fatto gli Hawks. Non ci sarà più, per la prima volta dal 2007, Marco Belinelli, che già dal 26 novembre è tornato alla Virtus Bologna.
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