Ora Serra "speri" che nel derby l'arbitro conti fino a dieci

Si ripropone il caso umano: trattasi di Serra, non Luciano Serra pilota, eroe di un film degli anni Trenta ma dell'arbitro di calcio, Marco il nome

Ora Serra "speri" che nel derby l'arbitro conti fino a dieci

Si ripropone il caso umano: trattasi di Serra, non Luciano Serra pilota, eroe di un film degli anni Trenta ma dell'arbitro di calcio, Marco il nome, passato alla cronaca per l'ultimo minuto di Milan-Genoa e quel fischio precipitoso che annullò il gol di Messias. Serra ha deciso di parlare, lo ha fatto con Sky sport alla vigilia del derby di Milano, tanto per tenere alta la fiamma di un evento già di suo caldo. Il momento deve essere stato critico per il torinese tanto da non farlo dormire la notte dopo l'esame di san Siro ma ciò che maggiormente incuriosisce, per usare un verbo addomesticato, sono queste parole: « Nella mia testa c'è probabilmente un errore di priorità, io mi concentro su Rebic e su Bastoni che sta arrivando da dietro e penso se lo tocca è fallo, perché sta tirando in porta quindi non può prendergli la palla senza fare fallo. Concentrandomi su quello mi perdo lo scenario completo e non vedo Messias che sta per tirare. Ho il ricordo di aver pensato mentre la palla gli arrivava speriamo non la butti dentro. Questo si». Dunque Marco Serra arbitro è un uomo che spera, spera che quello che ha appena deciso non venga smentito da un episodio successivo, spera che Rebic non lo strangoli, come all'inizio temeva, spera di tornare in campo. L'intervista, con il conforto dei vertici arbitrali, Trantalange e Rocchi, è un altro passaggio, dopo l'intervento di Orsato alla Rai che fu di Varriale, dell'apertura della casta alla comunicazione ma non serve affatto a chiarire, anzi aumenta l'incertezza, crea sospetti sulla fragilità del giudice che, invece, dovrebbe essere equilibrato e sereno, deciso e rigoroso e non certo teso alla speranza.

Verrà il giorno, anzi la partita e Serra tornerà in campo, per il momento l'arbitro del derby sa che dovrà contare fino a dieci prima di soffiare nel fischietto, non tanto per l'errore ma per evitare un nuovo caso della tivvù del dolore.

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