Si è concluso un altro anno d'oro per le due discipline regine dei Giochi: atletica e nuoto. Se una Nazione eccelle in questi due sport, fra i più praticati al mondo, vuol dire che non siamo messi poi così male. Questo, ci deve far ben sperare in vista dell'Olimpiade di Parigi. A 565 giorni dall'inizio dell'appuntamento clou, con passaggio intermedio di un'estate 2023 mondiale, abbiamo parlato con i direttori tecnici delle due discipline: Cesare Butini della Federazione italiana nuoto e Antonio La Torre della Federazione italiana di atletica leggera. A che punto siamo?
Partiamo dall'anno appena concluso. Che voto dareste al 2022?
Butini: «Almeno 9. Con la riserva di guadagnare ancora nei prossimi anni. È stata una stagione eccezionale, perché dal mondiale di Budapest in poi è stato non dico un crescendo ma un mantenere il trend di crescita. Su questo va dato atto all'intero movimento, ai ragazzi, ai tecnici e alle società».
La Torre: «Tra il 7 e l'8. A differenza del nuoto che dal 2000 sono abituati a stare in certe posizioni, nell'atletica poteva esserci il rischio che Tokyo fosse stato un grande bagliore. Invece siamo riusciti a consolidarci e a espandere il nostro patrimonio di atleti che, oltre Jacobs e Tamberi, potranno dire la loro da qui a Parigi. Ora abbiamo un parco di 15-18 atleti di livello internazionale che possono dire la loro in tutte le competizioni».
Un altro anno Mondiale è alle porte, tra Fukuoka e Budapest. Cosa aspettarci in estate?
B: «Mi aspetto un mantenimento di quello che è il nostro livello ormai raggiunto, in alcune gare individuali e staffette. Fra gli uomini penso al dorso con Ceccon, alla rana con Martinenghi, alla staffetta veloce o alla mista. Anche Razzetti nei misti e nel delfino. Tra le ragazze Quadarella, che è già rientrata dopo la gastroenterite che non le ha permesso di partecipare ai Mondiali di Melbourne».
L: «Concepisco questi due anni che mancano da qui a Parigi come un blocco di lavoro unico. A Budapest puntiamo a fare meglio di Eugene e servirà per capire quale ruolo giocheremo a Parigi».
Quali le possibili sorprese o i volti nuovi in casa Italia?
B: «Conto nel recupero di qualche atleta che non ha brillato, in primis Burdisso. Abbiamo messo in essere un progetto per lo stile libero femminile per poter arrivare a Parigi 2024 con le due staffette qualificate. Vorrei che Mora trasformasse le ottime prestazioni in corta anche in vasca lunga, perché abbiamo bisogno di un secondo dorsista».
L: «Spero tanto che la nostra vera sorpresa sia Sibilio, perché lui è un altro che ha le stimmate del predestinato. A Tokyo ha fatto due finali, nella 4x400 e nei 400 ostacoli. Purtroppo quest'anno è stato fermo per infortunio e a noi è mancato tanto. Senza di lui, agli Europei di Monaco abbiamo preso due medaglie in meno. Occhio anche a Mattia Furlani, che nel lungo può fare veramente sfracelli».
Nuoto e atletica possono contare sui leader Paltrinieri e Jacobs.
B: «Come Gregorio stesso ha dichiarato, il 2022 è stato il suo anno migliore. Continua a divertirsi e questo è il grande segreto di chi affronta questi sacrifici. E parliamo di un leader indiscusso. Sia come atleta, perché ha vinto di tutto e di più, sia come persona. È un grande riferimento per i giovani, che in lui vedono le caratteristiche del talento. Ha ereditato quello che di ottimo aveva lasciato Federica Pellegrini. Un passaggio di testimone molto molto importante».
L: «Marcell ormai è un punto di riferimento di tutto lo sport italiano. È stato così epocale quello che Marcell ha fatto Tokyo, che lui ormai va oltre i confini dell'atletica. Nessuno perde occasione per citarlo, compresi i calciatori. Ma lo stesso Gimbo Tamberi va molto oltre l'atletica. E a modo suo, con la sua comicità naturale, anche Massimo Stano, che potrebbe rubare il mestiere a Fiorello. Checco Zalone gli ha detto: ti darò una parte del mio film».
All'Italia del nuoto manca un Jacobs e all'atletica manca un Paltrinieri?
B: «Secondo me no. Se vogliamo parlare di Jacobs nel senso che non abbiamo vinto un oro a Tokyo 2020, io dico che quella medaglia d'oro è la medaglia d'argento di Gregorio dopo la mononucleosi. A noi non manca Jacobs come a loro non manca Paltrinieri. L'importante è che ognuno abbia dei campioni».
L: «Per me Gregorio è uno dei più grandi dello sport italiano. Lo dico da suo ammiratore. È la dimostrazione vivente di quanto oltre il talento conti principalmente la motivazione. Da quello vorrei che prendessero esempio tutti.
Cosa invidiate dell'uno e dell'altro?
B: «Siamo due grandi federazioni e ben strutturate. Antonio lo conosco benissimo, viene spesso all'Acqua Acetosa, ci confrontiamo sulla metodologia e la gestione del quotidiano. Prendiamo esempio da quello che fanno gli altri, anzi i risultati di Tokyo dell'atletica sono stati uno stimolo. Ma non invidio nulla dell'atletica, mi tengo stretta la grande qualità dei nostri tecnici e l'impegno delle società, che ahimè adesso lamentano una grossa sofferenza, come conseguenza del caro energetico. Le piscine, a differenza dei campi di atletica, vanno a energia, a gasolio. Meritano l'attenzione del governo».
L: «A Cesare invidio soprattutto la grandissima continuità che stanno esprimendo da Sydney. Con lui e con Marco Bonifazi ho un rapporto non soltanto di amicizia, ma ci scambiamo idee. Quando mi invitano alle loro convention di aggiornamento, sono io che vado lì ad imparare».
A Parigi con quali ambizioni?
B: «Incrociamo le dita
per i due anni che ormai ci mancano. Quando si arriva in alto, bisogna lavorare di più per rimanerci. Cercheremo di concretizzare al meglio questo trend positivo».L: «A Parigi per fare capire che Tokyo non è stato un caso».
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