Da Principe a kamikaze. Leclerc toglie di scena due Ferrari troppo brutte

Il monegasco al primo giro sperona Vettel: ritirati. Binotto: "Forse errori nel progetto"

Da Principe a kamikaze. Leclerc toglie di scena due Ferrari troppo brutte

Il disastro è rosso Ferrari. Ma l'impressione è che sia ancora più grave del botto tra Leclerc e Vettel alla terza curva del Gran premio di Stiria. La sciocchezza del predestinato, passato da eroe ad asino nel giro di una settimana, non è che la punta di un iceberg che sta velocemente andando a fondo. Per quello che è capitato al via della gara non c'è neppure bisogno di trovare un colpevole perché Leclerc ha immediatamente confessato il suo errore, scusandosi subito con il compagno di squadra. Non l'ha fatto apposta, ovvio, ma l'ha fatto. Ha cercato con impazienza un varco che non c'era, ci si è tuffato cercando di recuperare posizioni in fretta. Ha finito la sua corsa contro il compagno di squadra che non poteva certo sparire per farlo passare. Troppa fretta di fare il fenomeno. Ma se Leclerc ci ha entusiasmato la scorsa settimana è anche perché corre sempre all'attacco, perché corre senza avere paura, corre per ottenere il massimo. Questa volta la sua voglia di emergere lo ha fregato. È stato bravo e onesto a prendersi le colpe e a dirlo in mondovisione. «Non ci sono scuse. Ma avevo tanta voglia di fare bene, forse troppa», ha detto centrando perfettamente il problema. Partiva lontano e non ha avuto pazienza. Sergio Perez partiva tre posizioni dietro ed è risalito fino al sesto posto, lottando addirittura per il quarto. La Ferrari aveva bisogno di fare chilometri per capire se le novità portate qui in tutta fretta avevano funzionato. Il predestinato, travestito da kamikaze, ha rovinato tutto. Ogni tanto ci dimentichiamo che ha solo 22 anni e 43 gran premi alle spalle.

Il crash in famiglia non deve nascondere il vero problema della Ferrari che non è certo rappresentato dai piloti. Il vero problema è una macchina che non riesce a qualificarsi meglio del decimo e dell'undicesimo (poi diventato 14°) posto. Partire in mezzo al gruppo aumenta in modo esponenziale i rischi nei primi giri. Il vero problema è una macchina che non ha prestazioni né sull'asciutto né sul bagnato e che non solo è inferiore a Mercedes e Red Bull, ma anche a McLaren, Racing Point e probabilmente Renault. Un problema descritto anche dal fatto che dopo 86 gran premi non c'è un motore Ferrari in zona punti. Sentire Mattia Binotto che già sabato aveva dichiarato «non siamo all'altezza del nome che portiamo» dire che la situazione non è banale e che la prima cosa da fare ora è capire il problema, che può essere non in una sola parte della vettura, ma potrebbe essere un problema di metodologia, di concetto, è molto preoccupante. Binotto e i suoi uomini hanno intuito a febbraio che la SF1000 era nata male, a luglio non hanno ancora capito dove intervenire. La situazione non è grave. È gravissima. E non basta raccontare che la squadra è giovane, che il progetto è a lungo termine.

Ferrari a parte, il mondiale 2020 è già nelle mani di Lewis Hamilton anche se in testa alla classifica c'è ancora il suo compagno Bottas. Toto Wolff racconta che la lotta con la Ferrari gli manca, ma sta ridendo come un matto sotto la mascherina. Hamilton sotto la pioggia delle qualifiche ha ritrovato il suo stato di grazia e in gara non ha mai avuto avversari all'altezza, riuscendo finalmente a festeggiare la vittoria con il pugno chiuso alzato al cielo. È la numero 85 della sua carriera e il record di Schumi (91) è sempre più vicino. La Ferrari almeno si impegni a impedirgli di superarlo quando festeggerà il suo millesimo gran premio al Mugello.

Verstappen ci ha provato, ma la Red Bull oggi non gli permette di reggere il passo della Mercedes. Max ha lottato per tentare di resistere almeno a Bottas, ma è stato inutile. Fermare Hamilton pare un'impresa disperata, quasi come rialzare questa Ferrari.

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