MilanoSono arrivati i gol, non la vittoria. Inter travolta dal solito destino difensivo: ne ha presi due da pollo. Ne ha realizzati due da assatanata. E Pazzini ancora una volta ha sbagliato il colpo da ko. Fischi e silenzi per questa Inter preda di una magia nera. Dopo 543 minuti, a record di astinenza largamente battuto (durava dal ’75), sono arrivati i gol. Già qualcosa, visti i tempi. Moratti ora dovrà pensare se cambiare qualcosa. Ovvio la panchina. Ma qui c’è di peggio: da pensare e da cambiare.
L’Inter è passata dal veleno al brodino. Moratti se n’è andato in Arabia, forse preveggente, forse a caccia dell’ultima scaramanzia: l’ultima volta l’Inter cominciò un ciclo di vittorie. La gente di San Siro ha provato a dire: ricominciate. Si sono sprecati applausi incoraggianti, ma alla fine del primo tempo sono stati fischi. C’era stata anche una lenzuolata di protesta. Domande a Moratti e una sintesi: “Assenza o incompetenza?”. Di tutto un po’, la risposta meno originale ma più realistica.
Sul campo l’Inter non è stata assente, semmai incompetente nella fase difensiva e spesso impotente in quella offensiva, almeno finchè Forlan prima, e Milito poi non hanno ritrovato la chiave del loro talento da goleador. Gli ultimi 20 minuti di ieri hanno cambiato la faccia di una partita e magari dell’Inter: finalmente Sneijder ha corso anche per gli altri, Forlan ha regalato ogni energia, Milito ha pensato di riacciuffare il mondo scagliando in porta la palla servita dall’uruguaiano, al minuto 34, in quella che pareva l’ennesima notte delle streghe. Il Catania ha regalato lezione di semplicità calcistica, cose fatte bene, attenzione difensiva, tutti stretti e guai a non mordere. Poi via veloci a trovare spazi in contropiede. Ranieri ha provato la squadra più logica, Maicon s’è dato ancora malato ed allora dentro Faraoni e Nagatomo, due con tanta birra in corpo, ma non basta correre nel calcio. Sull’altra sponda c’erano Zanetti e Forlan, due vecchioni d’assalto che ci hanno provato con tutte le forze.
La partita è stata crudele per la gente nerazzurra. Quindici minuti per sparare cartucce a salve. Uomini che miscelavano disperazione e grinta. Ma poi è bastato un contropiede del Catania, Gomez ha infilato la distrazione di Nagatomo per concludere con il diagonale che Julio Cesar ha guardato: ammutolito in ogni senso. Gelido sberleffo della sorte, gelido San Siro, gelata l’Inter, anzi afflosciata su se stessa. Da quel momento è stata una partita a capo chino, gente bastonata dentro, ma sempre con il barlume di una speranza. La squadra ci ha riprovato, però l’Inter non riesce ad essere squadra nel gioco. Il Catania è stato squadra anche quando ha cominciato a mollare un po’ a centrocampo. L’Inter sbaglia sempre qualcosa e ne esce punita. Il Catania ha sfiorato il raddoppio con Barrientos, ma c’è arrivato con una soluzione in fuorigioco, sfruttata da Izco. E Nagatomo ancora una volta nella parte del pollo. Certo, si può parlare di malasorte e di destino cocciuto e testardo, ma che dire dei 19 gol subiti in casa? Eppoi il resto: Palombo ha mostrato i limiti, Faraoni fragilino e inutile, Cambiasso sempre in affanno.
Nel secondo tempo Ranieri ha provato la trovata estrema: fuori Faraoni, dentro Sneijder con un attacco a quattro. Ma che dire quando l’olandese ha pescato la testa di Milito (c’era Lucio in fuorigioco) e Carrizo ha respinto la palla? Neppure l’Inter dovesse pensare ad un viaggetto a Lourdes. Poi il tecnico ha accontentato il pubblico: fuori Cambiasso, uno degli intoccabili. Con tanto di fischi al seguito. E con lui Palombo. Dentro Poli e Obi. L’Inter si è scossa, ha rischiato e rimontato.
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