Il reset vincente di Fefè e del Poz. Capolavori di due rivoluzioni gentili

De Giorgi ha rinunciato a Zaytsev per liberare i suoi ragazzi. Pozzecco, perso Gallinari, ha varato i suoi "bassotti sporchi..."

Il reset vincente di Fefè e del Poz. Capolavori di due rivoluzioni gentili

Nella domenica di san Proto che non dimenticheremo mai noi dello sport al di fuori del folber, l'Italia della pallavolo ha vinto il mondiale e quella del basket ha eliminato i presunti draghi della Serbia.

Merito di due allenatori nati i due parti diverse dello Stivale, Fefè De Giorgi nel Salento, GianmaRco Pozzecco a Gorizia. Amore prima dello schema, passione davanti a tutto. Bassotti pregiati, Pozzecco ne ha fatto un'arma, De Giorgi sfruttando la gioventù di ragazzi ben dotati e con la testa. Come diceva un arguto americano del Missouri, quando Noè costruì l'arca non era ancora cominciato a piovere.

Il generale della pallavolo, come anche il Mancini del miracolo europeo nel calcio, la guida amorosa di chi ha ereditato la nazionale di basket, hanno cercato nel cuore e nella mente, oltre che nei muscoli, quelli che potevano fare l'impresa. Riuscendoci.

Certo De Giorgi ha già un titolo mondiale in tasca dopo l'Europeo sempre vinto a Katowice, Mancini, prima di scoprire nuove malattie, si era preso l'europeo del calcio, Pozzecco ha fatto quello che nessuno si aspettava. Ora speriamo che la squadra di basket, superato l'ostacolo che sembrava impossibile, trovi il riposo insopportabile e faccia la stessa cosa domani con la Francia dei pavoni, molto simili alla Serbia, più alti grossi e talentuosi di noi, ma che stava per finire nella pentola della Turchia se la squadra di Ataman non gli avesse regalato i supplementari della redenzione.

Rivoluzioni con gentilezza, amore che vuol dire squadra. De Giorgi ha puntato sulla gioventù lasciando a casa Zaytsev, un veterano di talento che però nell'intervista prima della finale, quando ancora si chiedeva il motivo della sua esclusione, ha dimostrato di non aver capito cosa aveva davvero in mente uno dei geniali dell'era Velasco.

Pozzecco è andato oltre, gli piacevano i suoi bassotti sporchi e puzzolenti e quando si è fatto buttare fuori litigando con arbitri mediocri, ha trovato l'uscita dalla scena come un grande artista: dalle sue lacrime, i suoi abbracci che non nega a nessuno, ha chiesto, dimostrando che ci credeva davvero, una vittoria per lui, per questa sua sfida in un gioco che, come gli dicevano quando ha iniziato, era impossibile per uno alto soltanto 181 centimetri alterati dall'ego.

Quelli della pallavolo hanno sfidato 13 mila civilissimi e appassionati tifosi polacchi. Quelli del basket si sono meritati i fiori della Mercedes Arena scoprendo come si poteva arginare un fenomeno come Jokic. Ora, nell'euforia, tanto per vincere la paura della sfida nei quarti coi francesi, diciamo tutti che questo è il grande capolavoro dell'Italbasket, dimenticando magari la vittoria olimpica sull'Urss di Sergei Belov e l'argento a Mosca nel 1980, i due ori europei di Gamba e Tanjevic che per arrivare al titolo fecero capolavori contro colossi.

Giannelli capo branco e miglior giocatore del mondiale in Slesia, testa e talento, Melli gigante con tanti centimetri in meno dei suoi avversari, ma con una testa e un cuore che ne fanno un giocatore di grande spessore, capace di far fiorire Spissu, mosca atomica come l'allenatore che lo ha imposto,

come il tentacolare Pajola, avendo il meglio dal nuovo Fontecchio e dal Polonara che, purtroppo, l'anno prossimo giocherà in Turchia e non nel nostro campionato che agli italiani offre, troppo spesso strapuntini in panchina.

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