A chi non sente la necessità di scrutare più a fondo, di cercare oltre la mera superficie, un'anima sensibile ma anche tanto ritrosa nel faticosissimo mostrarsi agli altri, proprio in quella sua imperscrutabile distanza può apparire indifferente se non addirittura gelida, anaffettiva. Per questo ricostruire un incontro - peraltro l'unico di tutta una vita - tra due persone estremamente sensibili ma anche altrettanto schive e, al tempo stesso, davvero molto famose, sembra quasi un'operazione un po' forzata di riabilitazione di quelle due «povere» anime. Costrette da un'indole tanto particolare a tenersi tutto dentro e, spesso, a muso duro davanti a un mondo che non li comprende e al quale, il più delle volte, nemmeno a loro piace più di tanto.
Gigi Riva, il calciatore e Fabrizio De André, il poeta-cantautore, ciascuno a proprio modo, sono stati due giganti, autori di gesta sportive e canzoni indimenticabili. Il nostro più importante storyteller sportivo Federico Buffa però, attraverso lo spettacolo «Amici fragili», scritto con Marco Caronna, ha voluto scavare dentro le loro anime. E in particolare in quell'incontro, che se non ci fosse stato per davvero adesso sembrerebbe pura fiction, del 14 settembre 1969. Quando Riva, dopo una partita a Genova del «suo» Cagliari che proprio quell'anno avrebbe poi vinto l'unico scudetto, va a casa di Fabrizio.
«I due s'incontrano per Preghiera in gennaio, la canzone scritta da De André subito dopo il funerale del suo amico Luigi Tenco e che per Riva era diventata una vera ossessione al punto che i compagni di squadra non ne potevano più - spiega Federico Buffa - A organizzare quell'incontro fu un amico di Riva: se fosse stato per Gigi, vista la sua ritrosia, infatti non ci sarebbe mai stato. All'epoca era lo sportivo italiano per eccellenza. Oggi uno così aprirebbe qualunque porta, ma non lui. Una di quelle persone ricchissima dentro che però non riescono a darsi agli altri, a offrire quello che hanno veramente, a condividerlo. Anche a noi Riva ha sempre detto no. Poi ho conosciuto la sorella Fausta cresciuta con lui a Leggiuno, in provincia di Varese. Dove io da bambino, da vero stalker ante litteram, andavo di nascosto a osservare Riva, il mio idolo, affacciarsi sul balcone di casa».
«Fausta è stata eccezionale, mi ha raccontato cose molto particolari del fratello, dei genitori... Ed è lei il vero motivo per cui lo spettacolo ha questa intimità. Come fai a sapere queste cose se non te le avesse dette una sorella che per Gigi Riva è stata quasi una seconda mamma?».
Durante lo spettacolo portato in giro per l'Italia Buffa a un certo punto parla di grandi attaccanti che hanno passato la vita a giocare in difesa. «In quella frase c'è tutta l'essenza di Riva, ma anche di De André, due anime fragili - conclude Federico, a cui adesso Sky ha chiesto di lavorare su Enzo Bearzot - Uomini potenti in tanti modi, in modi variegati ma con una fragilità di fondo che deriva da cicatrici della vita, da destinazioni ostinate e contrarie. Uomini contro. Interiorità che necessitano di una manutenzione molto difficile e costosa e che ha delle controindicazioni. Che abitano una vita molto solitaria e interiorizzata (particolare che accomuna tantissimo l'atleta e l'artista) situazioni da perdenti, praticamente impossibili nel mondo contemporaneo».
Intanto in autunno
uscirà un altra opera ispirata al leggendario attaccante, che a novembre compirà 78 anni. «Nel nostro cielo un rombo di tuono», il docufilm che rievoca il suo soprannome e la sua potenza, opera del regista Riccardo Milani.
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