nostro inviato a Barcellona
C'è Rivolta e rivolta. Tutto made in Italy. C'è il Rivolta Matteo, ampiezza alare da due metri, nouvelle vague azzurra, uno degli aironi della farfalla, che ieri ci ha provato: ma il mondo è ancora troppo grande per le sue ali. La finale dei 100 farfalla rappresentava la penultima speranza di medaglia (ultima oggi con Paltrinieri nei 1500 sl) per questo nuoto stop and flop. Il nostro ci ha provato, ma non è mai stato da podio, ha quasi ripetuto il record italiano (5165 contro 5164), il sudafricano Chad Le Clos, il suo favorito, non gli ha negato il piacere di avere azzeccato il pronostico, Lazlo Cech e il polacco Czerniak sul podio. E lui settimo, quando lo stesso tempo, in qualificazione, l'aveva posizionato al quinto posto. Sembra facile, ma lì ti tremano le gambe. E il nostro ha ammesso. «Mi è mancata l'abitudine a queste gare così importanti. Non ero teso, ero convinto di fare qualcosa di importante: forse ne ho sentito il peso. Mi sono mancate le forze».
Il settimo posto allunga le delusioni, onorevole molto più di altri perché giocato sui suoi limiti, ma porta al cuore dei flop. Gli italiani perdono perché ogni volta ripetono in litania: «Mi sono mancate le forze». Buona ultima, l'ingenua Martina De Memme, ottava negli 800 record della Ledecky, pur a 11 secondi dal suo personale. Come dire: tutti stanchi quando vanno in finale. Come si allenassero per giocare a bowling e non per nuotare. E il presidente federale Paolo Barelli, che ha annusato le critiche, ha ammesso che il problema va studiato. «Dovremo fare valutazioni con i tecnici». Appunto, allora di chi la colpa? Dietro le quinte gli atleti si interrogano sui problemi, si guardano intorno, sbagliano gare e cercano ragioni. Serpeggia il dubbio o la certezza. Fabio Scozzoli lo ha detto prima dei mondiali: «I nostri tecnici si devono aggiornare di più». Luca Dotto ieri è stato anche più diretto. «Gli allenatori italiani si confrontano poco con gli stranieri. Dovrebbero farlo per crescere ed evolversi, magari andare all'estero». Per onor di verità, Dotto salva solo Claudio Rossetto, suo tecnico personale e gestore dei velocisti. Accettabile nel nome della fedeltà così spiegata. «È l'unico che si confronta con tecnici stranieri, molto aggiornato, cerca scambi con gli stages. Non si ferma al suo passato. Ha allenato Magnini quindi va bene così? No, sa rinnovarsi».
Ma il caso Pellegrini ha colpito. È tornata con il tecnico straniero ed ha fatto centro. Parole di Fede: «Ma non mi sento la salvatrice di questa nazionale. Non può bastare la mia medaglia. Molti ragazzi sono usciti già in batteria per pochi centesimi. Ci sarà da lavorare».
Se vogliamo anche il caso Rivolta è emblematico: curato da un tecnico che fino a poco tempo fa non era nei ranghi federali. «Ma l'abbiamo portato a Barcellona con l'atleta, così facciamo con i tecnici che lavorano con nuotatori da nazionale», ha obiettato Barelli.
Ma se Rivolta cova sotto la cenere, anche la rivolta cova sotto la cenere. E se il tecnico straniero funzionasse meglio? Il nostro sport conosce la materia, all'estero dalla Cina al Brasile non ci mettono nulla a cercare soluzioni. «Certo, ci fosse un Mandrake che fa perdere due secondi a ogni atleta, andrei subito a prenderlo. Ma non ne conosco», si è difeso Barelli. E siccome la lingua batte dove il dente duole «Se fossi certo di ottenere risultato mettendo 15 atleti, staffetta compresa, in mano a Lucas, lo farei. Ma il nuoto ha bisogno di pescare nel Dna dei genitori, non esiste una bacchetta magica». Il presidente federale difende le società. «Forza motrice del nuoto». Il caso Lucas-Pellegrini forse distorce la realtà. «Lei è un vantaggio, un valore aggiunto dello sport italiano. È venuta qui, ha fiutato l'aria, ha visto i 400 sl e capito che poteva farcela. Finché il mondo dei 200 nuota in 1'55 può dire la sua». Ed ha messo il dubbio agli altri atleti. Claudio Rossetto si imbufalisce con questo pollice verso: «Il tecnico di Scozzoli fino a due anni fa era un fenomeno, oggi perché Fabio ha perso il podio per 5 centesimi è un cazzone: non è corretto e nemmeno educativo».
Ma poi che dire di Martina de Memme che, conclusa la sua finale, ha raccontato: «Gli atleti italiani non si divertono, questo è il problema. All'estero, americani, sudafricani e chi volete voi, sono molto più contenti quando nuotano». E qui non conta il Dna dei genitori.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.