Da S. Siro al Duomo: la festa dei trecentomila nerazzurri

Sul carro del vincitore ci salgono i giocatori, ma ai suoi piedi è festa di popolo per almeno trecentomila interisti

Da S. Siro al Duomo: la festa dei trecentomila nerazzurri
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Sul carro del vincitore ci salgono i giocatori, ma ai suoi piedi è festa di popolo per almeno trecentomila interisti. Scatenati Barella, Dimarco e l'Arnautovic che ricordava ancora come si fa, lui che nel 2010 festeggiò il Triplete. In estasi i tifosi che scortano i bus da San Siro al Duomo. Va bene che il clima consente di sfoderare le maglie nerazzurre vintage in lana, ma a Milano e nell'hinterland sembra ferragosto: sui marciapiedi c'è solo chi vuol partecipare alla festa, tutti gli altri si tengono alla larga o tengono alto il finestrino dell'auto in coda. Chi lo abbassa e ha maglietta nerazzurra che spunta, perché ha scelto di esserci. I vigili sono costretti a rassegnarsi all'anarchico sfregio al codice della strada: ci si muove a piedi, in bici, con scooter da due passeggeri e bandiera extralarge, accanto ad auto con caroselli montati sul tettuccio. C'è da armarsi di pazienza, per vedere il pullman scoperto arrivare a piazzale Lotto dopo due ore: la media è da 200 orari, solo che si parla di metri e non chilometri. Il bus è come un salame nel budello del tifo, di chi si rimprovera di non essere in prima fila («avremmo potuto uscire 5 minuti prima dallo stadio») o di chi canta cori all'indirizzo del Milan, ma pensa alla Juve («l'Udinese sta vincendo con il Bologna? Ma no...», ci si rammarica per il mancato aggancio degli emiliani ad Allegri & co).

Dumfries, dopo le scintille del derby, si sporge con uno striscione che lo ritrae con Theo Hernandez al guinzaglio che replica a distanza a quello volgare di Ambrosini sullo scudetto nerazzurro nell'anno dell'ultima Champions rossonera, Frattesi agita un milanista chiacchierone che si rifà al coro della Nord: nell'aria ci sono euforia e droni, odore di birra e polvere da sparo. Fuochi d'artificio da filmare con i telefonini, ci si affaccia dai balconi o ci si arrampica su cancellate e muretti per una visuale migliore. «E chi non salta insieme a noi cos'è?», cantano i tifosi, ricordando il sorriso imbarazzato di Inzaghi mentre fa due volte su e giù durante la sfida al Toro. È tutto più dolce, bello e consapevole, come ha raccontato anche Massimo Moratti. Forse anche per questo non solo la gente resta, nei pressi di San Siro. Ma ci ritorna: tifosi salmone con le sciarpe di quel colore al collo delle Monelle, maglie di Cambiasso e Zanetti, di Luca, Marco e degli altri che l'hanno personalizzata. E poi bandiere con la seconda stella posticcia, cucita chissà come, e vessilli nuovi di bancarella con l'I'm2Stars.

Nell'iconografia del momento, qualche tricolore del XXV Aprile si mescola al nerazzurro e al color dell'oro delle due stelle e della Madonnina, in piazza Duomo dove i tifosi arrivano ore prima: asiatici, sudamericani, mediorientali, per partecipare

al momento di folklore. Meneghini, che non sanno se guardare sulla guglia più alta o sulla Terrazza Duomo 21, dove si affaccia l'Inter scudettata con notevole ritardo. Ma tanto l'orazione è la stessa: Ti te dominet Milàn.

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