La Germania si è inventata il calcio misto: non ancora a livello professionistico, ma a livello giovanile e nel futsal a livello amatoriale. Calcio misto nel senso che le persone transgender, intersessuali e non binarie, potranno decidere se provarsi nei tornei delle donne o in quelli dei maschietti. A voi la scelta, ha specificato il nuovo regolamento del mondo panzer che andrà in vigore dalla prossima stagione. E nel caso vogliate cambiare squadra, una volta provato, liberi di farlo. Insomma una rivoluzione in questa "estate del transgender". Decisione che rilancia il tema dei diritti umani nello sport e va in controtendenza con le ultime decisioni della federazione internazionale del nuoto e della Lega internazionale del rugby che hanno chiuso in recinti ben più stretti questi atleti. Ovvero i tedeschi hanno dato precedenza al diritto umano di fare sport rispetto alla preoccupazione del creare disparità competitive: per esempio rispetto al resto del movimento femminile. È anche vero che tali disparità competitive sono più evidenti nelle gare individuali rispetto a quelle di squadra dove, si sostiene, vince la squadra non il singolo. Ed infatti ci vien raccontato dalla tesi tedesca: «Tutte le persone hanno diverse forza e abilità fisiche che portano solo al successo dell'insieme della squadra». In Germania le nuove regole sono testate dal 2019, da qui la convinzione di non mettere a rischio l'integrità della gara. Lo garantisce, affermano, il peso dell'esperienza.
Certo è che in un Paese dove in tempi antichi le diversità di genere non erano proprio ben accette, questo è un netto passo avanti per tutto il mondo del pallone. Probabilmente varrà come effetto trascinamento per altre nazioni, forse il primo passo per l'integrazione nel professionismo. E se l'uso del Var è stato epocale per le ragioni del gioco (fra l'altro in Germania ex calciatori agiranno in sala video: anche più avanti rispetto ad altre nazioni, Italia compresa) questo cambiamento diventa epocale per le ragioni dei diritti: nato dalla difficoltà nel saper gestire, da parte di associazioni regionali e statali, la partecipazione di transgender ai campionati. «Viene accolta con favore l'introduzione di una regola globale e nazionale sul diritto di praticare lo sport», ha concluso Sabine Mammitzsch, responsabile del calcio rosa che, più di altri, avrebbe avuto ragione di lamentare problemi di equità competitiva. Ma niente paura: la Federcalcio sarà inflessibile nel vigilare, attraverso ufficiali antiviolenza e antidiscrimazione, che i diritti di chi vuole competere vengano rispettati.
In aggiunta è stato determinato che «quando nell'attività sportiva non ci sono conseguenze sulla salute della persona che sta assumendo farmaci, quella persona può partecipare alla competizione».
In pratica si esclude l'ipotesi di doping. Ed anche in questo caso siamo sempre sulla linea di confine tra diritti ed equità competitiva, a rischio di ledere i diritti altrui. Ma quando si parla di rivoluzioni si conta sempre qualche ferito.
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