Se i giovani nigeriani abbandonano il campo per razzismo fantasma

L'episodio alla Viareggio Cup. I dirigenti africani: "Offese e arbitro contro". Gli organizzatori: "No agli insulti il nostro credo"

Se i giovani nigeriani abbandonano il campo per razzismo fantasma

Razzismo e sport: un binomio che sale alla ribalta con sempre maggiore frequenza, non sempre in maniera oggettiva. L'ultimo caso arriva dalla Viareggio Cup, storico torneo di calcio giovanile che sabato ha visto disputarsi le ultime gare della fase a gironi. Quella tra la Rappresentativa Serie D e i nigeriani del Ladegbuwa, più che per il 3-0 finale - oltre all'espulsione di due calciatori e dell'allenatore - che ha decretato il passaggio del turno della selezione dei dilettanti, ha fatto notizia per la polemica scatenata dagli africani. Attraverso un post sui propri canali social, il Ladegbuwa ha infatti attaccato organizzatori, arbitro e spettatori presenti alla partita, denunciando una presunta direzione di gara orientata a favorire la selezione italiana (ovvero i tre cartellini rossi, ritenuti ridicoli dai nigeriani) e le offese razziste che sarebbero piovute dagli spalti dello stadio di Santa Croce sull'Arno (Pisa). Una situazione che avrebbe spinto la dirigenza del club, sempre a detta del Ladegbuwa, a far ritirare la squadra prima del fischio finale.

Accuse pesanti, rispedite perentoriamente al mittente da Alessandro Palagi, presidente del Centro Giovani Calciatori Viareggio che organizza la competizione. Attraverso un comunicato pubblicato sui canali ufficiali della Viareggio Cup, Palagi ha smentito categoricamente qualsiasi tipo di insulto razzista, sia da parte del direttore di gara che degli spettatori presenti alla gara: «Il no al razzismo è il nostro credo quotidiano. Non è solo uno slogan di facciata», si legge nel comunicato. «Crediamo altresì che il rispetto nei confronti delle istituzioni calcistiche sia presupposto fondamentale per il buon andamento delle partite di calcio e della manifestazione», ha continuato Palagi, aggiungendo che «in campo certi comportamenti non sono giustificabili in alcun modo». «Nessun dirigente della squadra avversaria deve permettersi solo d'insinuare comportamenti o atteggiamenti razzisti da parte di calciatori, tecnici e componenti della Rappresentativa Serie D, che si è sempre distinta come la Lega Nazionale Dilettanti per attività di condanna a qualsiasi forma di razzismo. Piuttosto avremmo meritato le scuse ufficiali per quanto accaduto», così il Capo Delegazione Luigi Barbiero.

E i comportamenti ai quali fa riferimento il numero uno del comitato organizzatore sono proprio quelli dei nigeriani, in uno scenario diametralmente opposto a quello denunciato dalla dirigenza del Ladegbuwa. Come si legge nel comunicato del giudice sportivo del torneo, infatti, la sospensione anzitempo del match non è stata dovuta al ritiro degli africani, bensì dettata dalla decisione del direttore di gara che al 39' del secondo tempo «è stato costretto a sospendere la gara per l'atteggiamento intimidatorio ed aggressivo di un calciatore della squadra Ladegbuwa il quale lo colpiva al braccio facendogli cadere il fischietto e graffiandolo, provocandogli così una lesione personale».

Nessun razzismo e nessun plateale ritiro per protesta, dunque.

Restano lo 0-3 a tavolino (che conferma il risultato del campo), la squalifica di due mesi al giocatore reo di aver colpito e aggredito l'arbitro e quelle del compagno espulso, dell'allenatore e di un dirigente del club.

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