Effetto Shaqiri sull'Inter. E sul campionato. Non deve ingannare il fatto che il fantasista svizzero sbarchi in Italia solo nel mercato di riparazione. Non è una stella cadente come tante riparate in serie A. Xherdan Shaqiri ha tutto per diventare un pilastro nel progetto nerazzurro del Mancini bis. Prima di tutto la positività con quel sorriso perennemente scolpito sulla faccia come i muscoli sui 169 centimetri. Anche per questo in Svizzera è un idolo, i bambini lo hanno preso come modello. I soprannomi si sprecano, su tutti cubo magico che sintetizza al meglio modo di giocare e caratteristiche fisiche.
Ora la magia sarà nerazzurra. Roberto Mancini lo presenta così: «Non ha bisogno di grandi parole ». Shaqiri ringrazia e ricambia: «Quando mi ha chiamato il mister non ho avuto dubbi: ho voluto solo l'Inter ». E sulla corte di altre squadre non si smarca: «C'erano anche la Juve e altre, ma i nerazzurri mi hanno voluto di più. Le prospettive erano migliori ». Soffiato dunque alla Signora. Ventitré anni e personalità da vendere: «Non ho parlato con Guardiola. Non c'era da dirsi molto ». Già, al Bayern aveva perso il sorriso, finito ai margini, chiuso dai vari Robben, Ribery, Götze, dai quali ha imparato ma ci tiene a precisare: «Mai fatto confronti». Insomma «io sono io». E spiega dove gli piace stare in campo: «Mi sento un 10, libero di svariare e dettare l'ultimo passaggio». Si dice pronto: «Voglio giocare per dimostrare il mio valore»; non lo spaventa quello che viene considerato il campionato più difficile: «Juve o Empoli per l'Inter cambia poco: deve vincere sempre». Dimostra di aver già incamerato pregi e difetti dell'Italia: «Gli stadi qui non sono pieni». Ci dovrà pensare anche lui a riempirli, intanto i tifosi hanno invaso l'aeroporto per accoglierlo. «Non lo dimenticherò mai».
Impossibile per chi è speciale già nel passaporto: «Rappresento Svizzera, Kosovo e Albania». Al Basilea capiscono subito il suo potenziale, fanno di tutto per fargli firmare il primo contratto appena maggiorenne. I dirigenti fanno visita anche nella leggendaria casa di famiglia, quella senza riscaldamento. Shaqiri firma e da lì a poco con i genitori cambia casa. Un legame unico «perché senza la mia famiglia non sarei quello che sono», ha più volte detto. E l'agente è il fratello. Il suo allenatore al Basilea ogni settimana lo metteva sulla bilancia, ma la sua vera fame è quella di vittorie, intatta anche se ha già vinto tutto. L'Inter non ha preso solo un top player, ma anche un portafortuna. Da quando è professionista ha sempre vinto il campionato (tre al Basilea, due al Bayern). Ora l'obiettivo è il terzo posto: «Traguardo possibile, l'Inter deve stare sempre in Champions». Molto dipenderà da lui, sinistro ma anche destro: dribbling e fantasia, salta l'uomo e fa l'elastico ma non difetta anche in doti balistiche e acrobatiche.
Nessun problema per uno che si esalta davanti alle responsabilità, la nazionale conferma. Ai Mondiali in Brasile ha firmato una tripletta all'Honduras nella sfida decisiva del girone. Poi negli ottavi è stato il trascinatore nell'impresa sfiorata con l'Argentina. Davanti a critiche e rimproveri risponde con un sorriso e usa la calma, ma il vero segreto è l'umiltà, frutto dell'educazione ricevuta dai genitori: «Io una star? No una persona semplice», ripete spesso. Anche lui ha i suoi idoli. Nel pallone un ex nerazzurro: «Ronaldo».
Negli altri sport Michael Jordan. Nel cinema Di Caprio. «Mi piacerebbe girare un film con lui, ma è solo un sogno», ha rivelato un giorno. Buono magari per il futuro, il presente di Shaqiri si chiama Inter e il palcoscenico è la scala del calcio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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