RIO DE JANEIRO - Simone era un film, raccontava di una donna artificiale, troppo bella per essere vera. Simone invece è un'altra cosa, anzi sono due, Simone&Simone, troppo forti per essere sconfitte. Sono i volti in vetrina dei Giochi, sono le storie che solo Olimpia sa raccontare, sono partite dal niente per conquistare tutto. E diventare ancora più forti.
"Io non sono Bolt, non sono neanche Phelps: io sono la prima Simone Biles" dice la piccoletta della ginnastica, metri 1 e 42, così gigante perché uscita da un orfanotrofio e da una lotta quotidiana per diventare la nuova Comaneci. Anzi di più, dicono, perché se sei afro-american e hai passato un'infanzia alla ricerca della tua identità, vincere è l'unica cosa che conta. Simone ha già conquistato due ori qui a Rio a squadre e all-around ed è in finale in quattro specialità, naturalmente come favorita: può superare il record di Larissa Latynina in fatto di medaglie, a 19 anni e tre titoli mondiali alle spalle. In una specialità nella quale a quell'età ti guardano già come una veterana.
Simone sfida la gravità, Simone ha sfidato anche la vita (separata dalla madre alcolizzata e dai fratelli quando aveva un anno e poi tirata su in una cittadina del Texas dai nonni, che l'hanno avviata in palestra), Simone è stata inserita da Time nei 10 millennials più influenti del mondo. Perché Simone ha firmato anche un esercizio, il "Biles" doppio salto mortale con avvitamento in aria -, che vuol dire essere immortali. Ma Simone è anche una ragazza qualunque, social com'è giusto nel suo tempo, innamorata come può esserlo un'adolescente dell'attore Zac Efron, che le ha mandato ieri un messaggio con tanto di cuoricino, e sai che emozione. Già: perché Simone si emoziona, tranne che durante i suoi esercizi, la sua vita, lo scopo per cui è uscita dall'inferno per diventare leggenda.
E poi c'è Simone, l'altra, Simone Manuel, la prima nuotatrice nera a salire sul podio delle Olimpiadi: 20 anni, americana pure lei, del Texas pure lei, talmente eccezionale da essere arrivata prima a pari merito con la svedese Penny Oleksiak nei 100 metri stile libero, praticamente una combinazione talmente speciale era successo 32 anni fa - da mettere il punto esclamativo all'eccezionale. Simone ha pianto di gioia e ha parlato un po' con tristezza "per quello che sta succedendo negli Stati Uniti, per la brutalità della polizia nei confronti della mia comunità. Ecco: il colore della mia pelle per me significa solo da dove arrivo, deve significare solo che sono americana anch'io". E Simone ha grandi progetti, grandi responsabilità, "perché questa medaglia non è solo per me, ma per tutte le persone che sono venute prima di me. È per tutti gli afroamericani che sono stati la mia guida e mi hanno ispirato, per coloro che non credono di farcela. Ed è per loro che spero di poter essere un esempio, un'ispirazione".
Come Serena (Williams) per esempio, ma come Simone. E Simone. Ed è per loro che LeBron James, il campione Nba leader di una generazione, ha mandato su Instagram il suo messaggio di congratulazioni. Per Simone&Simone, ragazze, donne e campionesse. Nere? No: vere.
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