Monza per lui non è soltanto il gran premio di casa, anche se parliamo di una casa dalla quale è stato appena buttato fuori. Monza è la sua prima volta. Quella che non si scorda mai. È l'inizio del sogno del ragazzino che voleva imitare il suo idolo Michael Schumacher. Era il 14 settembre 2008, aveva 21 anni, 2 mesi e 11 giorni, quando con la Toro Rosso made in Faenza (e quindi con tanto di inno italiano) e con motori Ferrari, divenne il vincitore più giovane della storia della Formula 1, un record durato 8 anni, fino a Max, uno dei pochi sfuggiti a Hamilton. «A Monza ho vinto tre volte, purtroppo mai con la Ferrari. Ricordo gli applausi e la festa quando vinsi con la Toro Rosso e il motore di Maranello, ma poi anche qualche fischio quando ho vinto con la Red Bull. Quest'anno sarà strano arrivare a Monza e non trovare il pubblico, un grande dispiacere. Però, in un certo senso, andrà meglio per me. Sarebbe stato troppo difficile correre davanti ai tifosi sapendo che è l'ultima volta con la macchina rossa. Meglio farlo davanti alle tribune vuote».
Sarà la sua sesta Monza in rosso: un secondo posto, due terzi, un quarto e il tredicesimo dello scorso anno figlio di un classico errore «di pancia» alla Vettel mentre Leclerc volava verso la consacrazione dopo il tradimento del sabato in qualifica. Seb, sarà anche impulsivo e meridionale dentro come sosteneva Marchionne, ma sa essere anche un signore. Quando gli si chiede del compagno di squadra, usa le parole che di solito sono riservate a un fratello minore, a un amico: «Charles è uno dei piloti più veloci e talentuosi al mondo. Quanti anni ha, 21? Ah 22. Merita tutto quello che di buono scrivete su di lui. Il futuro ci dirà quello che riuscirà a conquistare».
Con la Ferrari più di lui hanno vinto solo Schumacher e Lauda, meno di lui altri sette piloti che però sono diventati campioni del mondo. È inutile negarlo, Seb ha fallito l'obbiettivo per cui era stato ingaggiato al posto di Alonso, ma a ben guardare lo si può accusare solo per il 2018, gli altri anni è sempre stata colpa della macchina. «C'è qualcosa in più che avrei voluto conquistare con la Ferrari ammetteva in collegamento video dal Belgio, prima del naufragio - purtroppo non è successo, per varie ragioni non abbiamo mai avuto il pacchetto per lottare fino in fondo. Ma non sono nostalgico, non mi piace guardare indietro, penso ai prossimi traguardi da raggiungere. Però non ho rimpianti, abbiamo vissuto alcuni momenti belli e tanti altri brutti, è stato un privilegio guidare per la Ferrari. Tutte le storie hanno una fine». Magari non gli mancherà Binotto. Anche se a proposito di un impiego in altre serie con la Rossa aggiunge: «Ne parlerò con Mattia, ci parliamo ancora sapete?».
Sognava di portarsi via un ultimo grande ricordo in Rosso. Dovrà accontentarsi del primo. «Di solito dico che il migliore ricordo è quello che deve ancora venire, ma in questa stagione è diverso, è impossibile che accada.
Perciò dico che la mia prima vittoria in Malesia è il ricordo più bello in Ferrari. Quella prima volta con l'inno italiano i ragazzi sotto il podio, i festeggiamenti dopo la gara, resta un'emozione unica». Sembrava l'inizio di qualcosa di importante. Sembrava...
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