Stupratori in libertà la resa di Mastella

Alessia Marani

da Roma

Torna a infiammarsi il dibattito sulle scarcerazioni facili di extracomunitari coinvolti in gravi reati. Mentre il ministro della Giustizia Clemente Mastella risponde alla mamma della diciassettenne stuprata a Chieti da un algerino subito rimesso in libertà dai giudici all’indomani dell’arresto («Signora - allarga le braccia - comprendo il dolore, ma la politica nulla può»), è evaso ieri dai domiciliari nella casa della sorella a Motta di Livenza (Treviso), Nabil Benyahay. È il marocchino 23enne accusato nell’estate del 2004 di avere provocato la morte di Vera Heinzl, una giovane turista tedesca di 20 anni scomparsa dopo una notte di spinelli e discoteca in compagnia del magrebino, e poi affiorata cadavere dal Tevere. Nabil, dapprima rinviato a giudizio per morte in conseguenza d’altro delitto (la cessione di droga e alcol) era stato poi scarcerato e condannato solo per non avere prestato soccorso alla ragazza, precipitata nel fiume per sfuggire a un tentativo di violenza sessuale da parte dello straniero.
Non solo. Nabil - a cui inizialmente i domiciliari erano stati negati perché privo persino di una dimora - doveva ancora scontare tre anni e mezzo per avere stuprato in precedenza una ragazza romana, Marisa, la stessa che si recò a testimoniare davanti ai giudici all’indomani del ritrovamento del cadavere di Vera. «Nabil - aveva rivelato la giovane - aveva drogato e fatto bere anche me. Poi mi portò nella sua baracca sul Tevere e lì mi violentò». Ma tanto non è bastato ai magistrati della IV sezione del Tribunale di Roma per convincersi della pericolosità dell’immigrato, irregolare, parcheggiatore abusivo sul litorale di Ostia, e della necessità di tenerlo rinchiuso dietro le sbarre di Regina Coeli.
«Una fuga annunciata», affondano oggi gli investigatori capitolini che all’epoca dei fatti avevano condotto l’inchiesta sul giallo della tedesca, scomparsa la notte del 20 agosto. Proprio contro la concessione dei domiciliari il pm Maria Gloria Attanasio aveva presentato ricorso al tribunale del Riesame sostenendo, al contrario, il pericolo di fuga e di reiterazione del reato. Eppure il Riesame ancora non aveva fissato la data per la discussione.
Intanto, sulla vicenda di Chieti Mastella ha dato mandato agli ispettori del ministero di verificare la regolarità formale degli atti che hanno portato il gip Marco Flamini a rilasciare il nordafricano. Replicando alla madre della ragazza, stuprata in una discoteca del centro all’alba di domenica, il ministro ha sottolineato che «l’autorità politica non può intervenire nel merito delle decisioni di un giudice. L’ordinamento assicura l’indipendenza giurisdizionale. Come padre, però, comprendo il dolore». «Inibizione farmacologica per i violentatori e inibizione alla professione per certi magistrati: questi due interventi sono indispensabili per colpire chi violenta e salvaguardare la sicurezza e la dignità delle donne», ha affermato Alessandra Mussolini, europarlamentare di Alternativa sociale. «Agendo così - aggiunge - le donne si sentono autorizzate a farsi giustizia da sé». Per Dorina Bianchi della Margherita, vicepresidente della commissione Affari Sociali della Camera, «la decisione del gip di Chieti rappresenta l’ennesimo scandaloso esempio di cattiva giustizia maschile».

Rincara la dose Roberto Calderoli della Lega: «È incredibile che nella decisione di rilasciare uno stupratore non si tenga conto del rischio di recidiva che, per un reato simile, è la regola. Non vorrei che qualcuno si sognasse di farsi giustizia da solo con un bel colpo di forbici».

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