Noi vecchi rocker prendevamo spocchiosamente le distanze e li chiamavamo sprezzantemente «l’ennesima boy band» dall’Inghilterra. Loro, i Take That, vendevano vagonate di dischi, facevano sballare i ragazzini (le solite scene d’isteria che rimbalzano da Sinatra a Elvis ai Beatles) e quando si sciolsero, nel ’96, fu creato un numero telefonico d’emergenza per mitigare la disperazione dei fan. Musicalmente inesistenti per alcuni, inossidabili icone per (molti) altri, i Take That son tornati insieme, compreso il figliol prodigo Robbie Williams, che li mollò nel ’95 per una convincente carriera solista (oltre 60 milioni di dischi venduti) e un sacco di guai. Portano in dote un tour mondiale di una sessantina di date (il 12 luglio prossimo unico appuntamento italiano allo Stadio di San Siro), il nuovo cd Progress che segna la svolta electropop, il documentario Look Back, Don’t Stare in cui raccontano in prima persona la reunion (in onda sabato alle 20.30 su Deejay Tv) e, nell’immediato, la partecipazione, domani su Raidue, all’ultima puntata di X Factor.
È una reunion d’oro - secondo i quotidiani inglesi vale 50 milioni di sterline - che fa seppellire l’ascia di guerra anche a due nemici giurati come Williams e Barlow. Il riavvicinamento fra i due è stato lungo e problematico; in mezzo un solco fatto d’incomprensioni e il contratto da 100 milioni di dollari di Robbie la star contro il galleggiare di Gary con e senza gli altri Take That (a parte i fan incalliti pochi ricordano Mark Owen e pochissimi Jason Orange e Howard Donald). Poi i primi incontri a Los Angeles dove Robbie ha rigenerato la sua vita e la sua carriera e la svolta, l’anno scorso, quando a sorpresa, nel Greatest Hits di Williams, i due hanno inserito l’inedito singolo Shame e l’omonimo video, ispirato al film Brokeback Mountain, che tra l’altro ha rilanciato il gossip sulla gayezza dei due. (Robbie ha spesso giocato sull’equivoco, ma ora chiude una lunga intervista su Q ora in edicola dichiarando all’improvviso e fuori contesto: «Non sono gay»).
«Il mio problema è sempre stato Gary - dice invece in Look Back, Don’t Stare - volevo distruggerlo e di conseguenza volevo eliminare il ricordo della band. Per questo mi scuso sinceramente, ma avevo bisogno che Gary ascoltasse la mia verità e mi capisse, e lui ha capito. È stato un momento magico quando gli ho detto: “questa è la mia verità, mi spiace per tutto”». Aggiunge Gary: «Mi ha ridato la voglia di stare nel mondo musicale. Amo ciò che succede in questi giorni: servizi fotografici, belle macchine. È una bella vita, anche se maledettamente temporanea». Giocano impunemente con la nostalgia; preparano il botto, puntando su quei fan che ai tempi d’oro erano al massimo diciottenni e che oggi sono più o meno loro coetanei. Ripercorrono la strada delle Spice Girls che nel 2007 - 2008 fecero una sfracello col loro tour mondiale per poi scomparire di nuovo (non a caso il gossip parla delle Spice e dei Take That tra i papabili per aprire le Olimpiadi londinesi l’anno prossimo).
Saranno i quarantenni della porta accanto (e proprio così sono nati a Manchester, quando il manager Nigel Martin-Smith cerca proprio un pugno di «ragazzi della porta accanto che sappiano ballare e cantare» da lanciare sul pop) ma anche ora fanno numeri da brivido, anzi da record. In un giorno sono stati venduti un milione (precisamente 950mila) di biglietti per i loro concerti e già si dice che al programma saranno aggiunte numerose date. «Siamo senza parole e scioccati per la velocità con cui sono andati via i biglietti», hanno dichiarato loro increduli. Intanto è partita la speculazione e numerosi tagliandi sono in vendita su EBay a cifre improponibili. Sarà l’odore dei soldi, ma i cinque oggi si amano alla follia. «Sembra un sogno stare tutti insieme nella stessa stanza, e non mi sembra vero di aver inciso un disco con Robbie come ai vecchi tempi», dice Mark Owen mentre Jason Orange rincara: «Mi sento sulla luna ora che Robbie è con noi. Voglio godermi questo momento. La vita a volte è bizzarramente bella».
Usando Robbie Williams come ariete, i Take That si presentano così alla cassa del pop del nuovo millennio, però almeno hanno un nuovo suono; accantonate le ballate acustiche di Barlow, puntano su un suono electro e ritmato: «sembriamo un po’ Dr Dre, un po’ Jay Z, un po’ Lionel Richie»,
dicono scherzando. Durerà? «Robbie è un solista - dice realisticamente Barlow - e sappiamo che questa reunion non è per sempre. Ma mi piace pensare che questo sia un progetto in cui ognuno può andare e tornare quando vuole».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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