"Non sono un terrorista, sono un musulmano". La rivendicazione a processo dell'attentatore di Nizza

Dopo 5 anni di silenzio, Brahim Auissaui ha ammesso le responsabilità per l'attaco del 29 ottobre 2020 a Nizza ma le sue parole fanno riflettere. Uccidere, ha detto, "è un mio diritto, è la mia giustizia"

"Non sono un terrorista, sono un musulmano". La rivendicazione a processo dell'attentatore di Nizza
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"Non sono un terrorista, sono un musulmano". Queste le parole di Brahim Auissaui, tunisino di 25 anni che il 29 ottobre 2020 ha assaltato un gruppo di persone in una chiesa di Nizza armato di coltello da cucina, uccidendo la parrocchiana Nadine Devillers, 60 anni, il sacrestano Vincent Loquès, 54 anni, e Simone Barreto Silva, 44 anni. Per la prima volta da quando è iniziato il processo ha ammesso le sue colpe ma lo ha fatto in una modalità che assomiglia più a una rivendicazione che a una confessione.

La frase "non sono un terrorista, sono un musulmano" è implicitamente una minaccia per l'Europa: quandi musulmani ci sono nel Vecchio Continente? Quanti sono convinti che assaltare con il coltello i passanti non sia terrorismo ma esercizio dei propri diritti di musulmano? La risposta potrebbe incutere un certo timore ma è sotto gli occhi di tutti, quasi ogni giorno, con le violenze che vengono perpetrate nelle nostre città. Per Auissaui accoltellare gli innocenti occidentali è "vendicarsi", "un diritto e una verità". Ha giustificato queste esternazioni sostenendo che "l'Occidente uccide ciecamente innocenti musulmani". Dice di non aver premeditato e di aver scelto a caso le sue vittime. "È il diritto e ricerca della verità andare a uccidere gente a caso?", ha chiesto il presidente della corte Christophe Petiteau. La risposta di Auissaui è stata perentoria: "".

"È un mio diritto, è la mia giustizia", ha detto ancora l'imputato, supportato da un troduttore in quanto, nonostante sia tunisino, ha voluto rivolgersi alla corte esclusivamente in arabo. Sulle ragioni dell'attentato è stato molto loquace con la corte, il che avvalora che si tratti di una rivendicazione, ma quando si è trattato di entrare nei dettagli di come ha agito, ha troncato tutte le domande con risposte come "non ricordo" e "vi ho detto perché ho commesso questi fatti ma non ricordo come ho fatto". Tuttavia, nel corso della sua deposizione non ha esitato ad ammettere che la decapitazione di cui si è reso responsabile (lo stesso che ha tentato di fare l'attentatore di Berlino), era "per spaventare la gente". Quando Petiteau gli ha fatto notare che il terrorismo è proprio questo, mettere paura alle persone, si è limitato a dire: "Ogni persona è responsabile di ciò che fa e certo che sono responsabile".

Brahim Auissaui è arrivato in Francia pochi mesi prima dell'assalto, dopo essere sbarcato in Italia. Per cinque anni ha dichiarato di soffrire di amnesia e di non ricordare nulla di quanto accaduto dalla sua partenza dalla Tunisia a settembre 2020 fino all'attacco nella chiesa di Nizza. E quando il presidente della corte gli ha chiesto perché avesse invocato l'amnesia per 5 anni, si è limitato a rispondere: "Non avevo voglia di parlare". Le tempistiche di questa confessione/rivendicazione sono sospette.

Auissaui ha iniziato a parlare il 12 febbraio e il giorno dopo, il 13 febbraio, è iniziata la serie di attentati di matrice islamica che stanno insanguinando l'Europa nelle ultime settimane (4 in 9 giorni) con l'investimento del corteo sindacale di Monaco di Baviera. "Non sono un terrorista, sono un musulmano", queste parole dovrebbero far riflettere molti.

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