Esiste il tesoro del faraone? E se c’è dov’è? L’interrogativo agita sia le folle egiziane sia gli analisti delle intelligence occidentali. Di certo Hosni Mubarak nei 18 giorni tra l’inizio delle proteste e l’addio finale ha avuto il tempo di mettere al sicuro le fortune più esposte. E fra queste anche quei conti sospetti che le autorità elvetiche hanno già «congelato» applicando - senza manco attendere una richiesta ufficiale del Cairo - la nuova legge sui patrimoni dei dittatori esautorati.
Prima di capire dove siano proprietà e patrimoni bisogna però stimarne la reale entità. In 30 anni di potere Hosni Mubarak non ha né ostentato, né scialato. La villa in cui s’è ritirato a Sharm el Sheik non ha nulla di sfarzoso. Soprattutto se paragonata a quella costruitagli accanto da Bakr Bin Laden il fratellastro di Osama oggi al comando della dinastia di costruttori sauditi. Secondo fonti del governo statunitense le ricchezze dell’ex presidente non superano i 2 miliardi e mezzo di euro. Secondo l’opposizione la famiglia Mubarak controlla invece patrimoni e beni per 50 miliardi. L’ampiezza della forbice deriva dalla difficoltà d’identificare una fortuna fatta non da casse di soldi e preziosi, ma da proprietà e capitali il cui controllo si perde nelle scatole cinesi di fiduciarie con sede nei paradisi fiscali. Il vero «dominus» di questo schema è Gamal, il 47enne secondogenito di Hosni e Suzanne Mubarak, la moglie gallese del presidente soprannominata Maria Antonietta d’Egitto. Gamal inizia la sua carriera di grande tesoriere nel 1996 lasciando i vertici del settore investimenti della sede londinese della Bank of America per fondare con due colleghi la società finanziaria Medinvest. La londinese Medinvest è a sua volta controllata dalla Bullion Company Ltd, una finanziaria di Cipro il cui capitale è per il 50 per cento nelle mani di Gamal.
Il ruolo di capofila ombra della Bullion sarebbe confermato dalla presenza nel consiglio d’amministrazione di Alaa Mubarak, lo schivo primogenito di Hosni e Suzanne. La Bullion serve alla famiglia Mubarak per controllare il 35 per cento d’un fondo d’investimenti collegato alla Efg Hermes, la banca privata attraverso cui passano le principali privatizzazioni. Il tesoro segreto di Mubarak deriverebbe proprio dalla cessione delle principali aziende di stato vendute a uomini dell’establishment presidenziale o ad alti ufficiali dell’esercito attraverso complessi passaggi azionari gestiti dalla Efg e dalle finanziarie di Gamal.
Passaggi che avrebbero garantito alla famiglia del Faraone il controllo di consistenti pacchetti azionari delle società privatizzate o ragguardevoli provvigioni pagate attraverso versamenti estero su estero subito investiti in proprietà immobiliari
intestate a società paravento. Insomma una raffinata forma di corruzione realizzata trasformando il capitale «politico» in capitale finanziario. Così raffinata da risultare ancora non quantificabile e non identificabile.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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